Era da un po’ che incontravamo Matteo Pisotti qua e là fra eventi e locali e tutte le volte gli si faceva la stessa domanda: “Ma allora, quanto manca?!?” e tutte le volte rispondeva “ancora un po’, dopo l’estate”. Questo fino a quando non è arrivato il suo “Ci siamo, quando vuoi ci sentiamo!”. E allora eccocelo davanti Matteo Pisotti, giovane cantautore piacentino che, a poche ore dall’uscita della sua prima vera produzione, incontriamo per farci raccontare quello che è successo negli ultimi mesi.
Matteo, finalmente!
Eh si, e con due notizie, non una. La prima è che venerdì esce il video di “Autunno a Cuba” su YouTube e i principali digital store, il primo singolo della seconda novità, ossia il mio ep che si chiamerà “Matteo Pisotti ep”.
Dove è stato registrato? Da chi? Con chi?
Tutto registrato all’Elfo Studio sotto la supervisione di Alberto Callegari, fondamentale, bravissimo e centrale, e il master è stato fatto da Daniele Mandelli. Per il “con chi?”, attorno a me si è creato un gruppo importante formato da Victor Fiorilli al basso, Alain Scaglia alle tastiere, Matteo Calza alla chitarra, Jordi Tagliaferri alla batteria.
Da cosa è nata la scelta di andare all’Elfo?
Perché avevo già conosciuto il ”Calle” in passato ed ero già stato lì per un programma di TeleLibertà, oltre a sapere bene già da prima quanto importante e rinomato è l’Elfo. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato, sono andato lì e abbiamo registrato tutti gli arrangiamenti in meno di 24 ore. Questo ha dato un sound particolare al disco, anche un po’ rétro perché si rifà al passato, allo stile della presa diretta.
Come è nato il gruppo che è stato in sala di registrazione con te?
In parte è stato lo stesso Callegari a segnalarmi quali potevano essere le persone adatte, ed in parte ho cercato io fra i musicisti professionisti che a Piacenza suonano da anni e che sapevo essere preparati per riuscire a registrare tutto in un giorno solo. Abbiamo messo insieme tanti contatti e abbiamo creato nucleo. Loro sono stati bravissimi e capaci di capire subito come volevo i pezzi e creando una bella sintonia.
Quanto sono i cambiati, se sono cambiati, i pezzi, da come li avevi in testa a come sono poi diventati nella realtà?
I pezzi devo dire che sono tutti fedeli a quello che avevo pensato, per questo sono molto felice perché c’era anche la possibilità che uscissero diversi, un po’ trasformati, però questo non è successo anche perché prima di cominciare le registrazioni tutti i ragazzi avevano ascoltato le demo in modo da lavorare in anticipo. Le mie aspettative sono state mantenute anche dopo la rifinitura con Alberto che con la sua esperienza è riuscito ad agevolare tutto il lavoro rendendolo più interessante e preciso.
Quando è arrivata l’idea di dare vita ad un lavoro fatto e finito?
L’dea c’era stata già due anni fa, poi bisogna precisare che scrivo dal 2014 e avendo cominciato a 16-17 anni c’è stata anche una evoluzione che alla fine è stata più che altro una maggior presa di dimestichezza. Ho impegnato tanto tempo a scegliere i pezzi giusti, e dopo ciò c’è voluto altro tempo per l’organizzazione, perché dato che è completamente autoprodotto ho dovuto spendere tempo in prima persona per tutta la mole di lavoro che c’era da fare. La preparazione vera e propria è stata di un anno e mezzo più un 6-7 mesi per arrivare all’idea finale di album. Volevo farlo uscire a giugno ma proprio per la mole di lavoro che ho dovuto affrontare, siamo arrivati ad oggi. Fortunatamente il titolo del singolo calza perfettamente con il periodo!
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La scelta di fare un ep rispetto ad un album più ampio, è stata voluta o forzata?
La scelta è stata questa perché era prematuro fare un album vero e proprio. Il lavoro è stato indirizzato ad avere un prodotto fatto bene e ad oggi la dimensione dell’album era questa, volevo avere un numero giusto di canzoni senza esagerare, perché inserirne di più avrebbe forse danneggiato tutto il resto. Alcuni pezzi in più sarebbero stati acerbi e anche un po’ fuori da quello che volevo raccontare di me.
E allora introduci un po’ a questo tuo primo ep!
C’è innanzitutto un messaggio che è quello di non inserire solo canzoni d’amore ma allargare i temi, infatti dentro c’è anche un pezzo che parla della città e uno molto introspettivo. Tutto ciò anche se penso che parlare di amore a volte è una scusa per parlare di sé stessi. Quello che racconto io è strettamente personale senza il tentativo di universalizzare il mio pensiero, e poi anche perché volevo che uscisse anche un discorso melodico e musicale in senso più stretto. Cinque canzoni che vogliono parlare di me anche tramite le scelte musicali e non solo di testo.
Da dove arrivano questi pezzi?
Una canzone risale proprio agli inizi, ed è “5 del mattino”, che però sembrava talmente ben riuscita che sarebbe stato un peccato non metterla, tutte le altre molto più recenti, nate anche un mese mezzo prima di entrare in studio.
Non era la prima volta che entravi dentro uno studio, giusto?
Si e no. In effetti la prima volta è stata per registrare “La mia H2O”, uscito nel 2015, e poi varie esperienze di registrazione, ad esempio con il Milestone. Però è stata la prima volta registrando dall’inizio alla fine i miei pezzi, con un gruppo e con una supervisione su tutto il lavoro. Una sensazione bellissima. Mi è piaciuto molto, a volte quando sentivo gli arrangiamenti ridevo dall’entusiasmo. Avendo registrato tutto in un giorno, a parte le voci, ho visto nascere i pezzi in meno di 24 ore, e questo è stato entusiasmante.
Una prima esperienza molto importante quella di “La mia H2O”…
Diciamo che quello è stato il primo input per arrivare poi a questo ep. Questo grazie all’aiuto fondamentale di mio cugino, Andrea Fedeli, perché grazie al lui sono arrivato a quella prima esperienza di registrazione. Quella occasione e quel pezzo mi hanno sempre poi fatto pensare a portare nuovi pezzi in studio, e poi credo che appena c’è la possibilità di fare quel passo in più bisogna assolutamente farlo.
Un progetto solista, anche se accompagnato dalla band. È questo che vedi nel tuo futuro immediato?
Adesso si. Io vengo dal progetto Angoli Acusti e dalla continua collaborazione con Francesco Brianzi, che abbiamo portato avanti, anche attraverso diversi cambi di formazione, per un paio di anni e che adesso è un po’ fermo. Non è detto che sia finito tutto lì, però con quest’ultimo periodo indirizzato solo al lavoro sul mio ep, ho dovuto lasciare da parte le altre cose. L’ho fatto anche per distaccarmi un po’ dal mondo delle cover, questo è stato importante perché avevo i miei brani e mi sembrava che la cosa da fare fosse registrare i miei pezzi rispetto ad andare a suonare le cose degli altri nei locali.
Il discorso “band” è relativo solo alla registrazione oppure c’è un pensierino anche per portarlo live?
Allora, a me piacerebbe molto portare in giro questi pezzi non necessariamente da solo, però al momento, nella pratica, mi sto concentrando solo sul cercare occasioni mie in solo, però non è assolutamente un’ipotesi da scartare. Anzi.
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Tornando a Brianzi, è stato con lui che sono iniziate le prime esperienze musicali…
Io ho cominciato chitarra a 9 anni e ho sempre “canticchiato”, poi è arrivato Francesco. Siamo sempre stati amici fin dall’infanzia, poi con il fatto che lui andava al Conservatorio abbiamo cominciato a suonare insieme nei primi gruppetti. Dopo un po’ di prove, ci siamo sentiti pronti e così insieme abbiamo anche cominciato a suonare fuori da una sala prove.
Come è stato il passaggio dal solo canto a cominciare anche a scrivere?
Tutto naturalissimo. Tuttora non riesco a mettermi al tavolo e scrivere una canzone, deve uscire tutto naturalmente. Già la prima volta è stata una cosa successa mentre suonavo, mi venivano in mente delle parole e ho iniziato così, e poi così ho continuato. Non scrivo mai scientificamente ma sempre molto naturalmente senza seguire un artista in particolare. Per me è un modo di comunicare cose personali che altrimenti non riuscirei a tirare fuori. È una necessità di comunicare.
Appunto sui riferimenti musicali, ti rifai a qualcuno in particolare?
Diciamo che non tendo a prendere dei veri e propri “punti cardinali”, ascolto un po’ di tutto e nelle mie playlist trovi del jazz, dopo i Coldpaly e dopo ancora Lucio Dalla. Certamente nel cantautorato italiano, che ha avuto un peso estremo che si può cancellare, ci sono sicuramente Battisti e, appunto, Dalla. Poi ci sono per forza di cose delle influenze più recenti dal panorama italiano pop e cantautorale, e ci metto dentro anche la trap, però non li definirei un riferimento. Negli ultimi anni in Italia ci sono stati fenomeni musicali interessanti, soprattutto rispetto agli anni precedenti, che sono andati ad influenzare il modo di fare un disco e che hanno portato al successo degli artisti, allontanandosi da situazioni alla X-Factor, facendo vedere il vero valore di alcune realtà.
Hai citato X-Factor, una realtà che hai conosciuto. Adesso come vedi i talent?
Io ho fatto i provini ad X-Factor nel 2015, l’anno dopo mi ero re-iscritto però nel frattempo ho capito che quel mondo e quel tipo di fare musica non mi piaceva perchè troppo stereotipato. Forse non è sbagliato il talent, forse non sono adatto io. Non sono il classico performer e quel tipo di mondo non è per me. Poi negli ultimi anni questo nuovo mood, quello indie, ha portato a riavvicinarsi anche ai live tante persone e penso che questa sia una vittoria della musica.
Cosa vedi nel tuo futuro prossimo?
Ovviamente il tour è la cosa più vicina e anche più difficile da fare. Ho altri pezzi che non ho registrato e che magari porterò nei live. Sinceramente adesso non so cosa farò un anno e cosa succederà, spero di tornare in studio. Poi tornando ad una domanda precedente, mi piacerebbe molto il live in band perché con arrangiamenti importanti, fra sovraincisioni di tastiere e seconde voci, vorrebbe dire proporre i pezzi al 100 per cento. Questo perché sono nati come chitarra e voce ma poi sapevo e sentivo che la loro veste in sala di registrazione sarebbe stata con una band attorno. E poi ho pensato, abbiamo fatto 30, facciamo 31!