The Scream e il loro “Req. For Redempion”: l’hard rock che viene dal Po

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Come avete scoperto già da tempo, va bene chiamarsi “Piacenza” Music Pride, ma attorno alla nostra provincia, come in questo caso appena di là da Po, orbitano tante cose nuove ed interessanti. Una di queste è la storia dei The Scream (Simone Bardella alla chitarra, Edoardo Ferri al basso, Francesco Carrabba alla batteria) che toccheremo con mano, live, venerdì sera a Spazio2 per l’ultima serata del MashUp Festival.

Se li avevamo già sfiorati solo qualche settimana fa al Low-L Fest proprio a casa loro, a Guardamiglio, ora li abbiamo voluti incontrare per l’uscita del loro primo album dal titolo “Req. For Redemption”. Un album fortemente rock, ma di quello tosto, che ha avuto un periodo di incubazione molto lungo. Come mai?! Ce lo dicono i The Scream.

In un vostro post avete scritto che “prima o poi sarebbe successo”, era una cosa che vi eravate ripromessi?

Nel corso degli anni più di una volta, poi una sera molto sobria (testualmente era un “moooolto sobria”. Ndr) a casa di Simone, in cui ricorreva il decimo anniversario della prima volta che avevamo fatto “Wild Nights”, il nostro pezzo più importante registrato molti anni fa e che era andato in rotazione anche su Radio Lodi, abbiamo buttato lì la cosa di rimettere insieme la band. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo preso l’impegno e cominciato ad organizzarci per ricominciare davvero, primo in modo tranquillo poi invece più di frequente. Così fino a quando abbiamo cominciato a creare veramente qualcosa di nuovo.

Però prima dell’attualità c’è una storia molto lunga…

Si perché quando abbiamo iniziato a suonare insieme era il 2004. Come spesso succede abbiamo iniziato per scherzo facendo le cose che ci piacciono, ACDC – Metallica – Iron Maiden, e dopo poco, con i pochissimi brani che avevamo, abbiamo fatto il primo live nella parrocchia di Guardamiglio.

Quando è finito tutto?

Nel 2006 quando dopo l’estate avevamo perso il posto dove suonare e fare le prove. Prima eravamo in cantina dallo zio di Francesco ma quando il parquet ha iniziato a sollevarsi a cominciato a non volerci più. Di conseguenza toccava spostarci a Codogno e senza patente era tutto molto complicato. Quello è stato il motivo principale.

Com’è stato ritrovarvi musicalmente a così tanto tempo di distanza e ad un’età anagrafica così diversa?

La cosa più immediata è pensare che quando abbiamo cominciato a 14 anni avevamo tanto tempo a disposizione ma non avevamo la testa per fare le cose seriamente e così sprecavamo tanto tempo. Praticamente suonavamo tutti i giorni dopo la scuola, ma su 5 ore di prove la parte seria durava 30 minuti. Ora riusciamo un paio di volte alla settimana, facendo sacrifici, ma è molto meglio.

Ho scritto “musicalmente” perché invece per il resto non vi siete mai lasciati…

Noi siamo proprio compagni di vita, dalle vacanze ai fine settimana. Dai momenti belli a quelli di merda. Anche musicalmente dal lato concerti, ci andiamo sempre insieme e abbiamo fatto le stesse esperienze musicali, sempre con la stessa mentalità, con gli stessi gusti.

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Arriviamo all’album: otto brani per 28 minuti. Cosa ci troviamo dentro?

Sicuramente cattiveria. La nostra storia, qualcosa di noi, rabbia e gioia, gli speedfire della seconda guerra mondiale, ovviamente la figa. Tutto sempre in una chiave più diretta possibile. In effetti potevamo metterci dentro qualcosa in più, ma ci siamo concentrati su questi 8 brani.

C’è già altro materiale per un altro lavoro?

Il materiale ci sarebbe perché abbiamo davvero molto in poco tempo. Almeno 5 nuovi pezzi ci sono e la speranza è quella di tornare in studio il prossimo anno, però intanto lasciamo diventare un po’ vissuto questo Req. For redemption!

Su registrazione e master, dove avete lavorato?

Abbiamo fatto tutto a Carate Brianza con Carlo Altobelli al Toxic Basement Studio. Ero già stato lì (dice Edoardo) con un altro gruppo a registrare e mi ero trovato bene, l’ho proposto agli altri e gli è piaciuto. Questo anche perché lì lavorano tanto sull’hard rock perciò suoi suoni che sono anche i nostri, e di conseguenza ci ha dato anche tante indicazioni giuste.

Come avete anticipato, vi rifate a Motorhead, Metallica, Iron maiden, però dentro ci sono anche velocità molto punk, è così?

Si si, anche se non è stata una scelta. Forse viene soprattutto da Edoardo che ascolta cose del genere, tipo Exploited o Offspring, ma tutto è uscito in modo naturale. Tipo “Go to hell, bastard!” era nata come un blues lento, poi abbiamo deciso di farla a bomba ed è venuta così.

So che se anche se i chilometri sono pochi, passare di qua da Po non è così semplice….

Mah, quando esci il venerdì sera, nessuno ha voglia di fare molto in effetti, si sta al bar a contarcela su. Noi ci divertiamo con poco e poi in un paese piccolo come il nostro puoi anche uscire a piedi che trovi tutti.

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Ci sarà anche un discorso di comunità più forte rispetto anche solo a Piacenza?

Siamo molto uniti fra di noi e anche spostarsi e “contaminarsi” è sempre fatto in gruppo, poi noi siamo una regione bastarda. A 30 anni andiamo a fare la gita in pullman o la cena la domenica sempre con gli stessi. Spostarsi da Guardamiglio per andare a Codogno, che sono 5 minuti, per noi sarebbe tantissimo. Noi abbiamo fatto asilo – elementari – medie tutti insieme, e ancora ci vediamo e ci troviamo.

A memoria i gruppi che si trovano appena passato il Po hanno tutti un suono molto diretto, che ha sempre dentro tanto punk, è in effetti così? C’è un motivo?

In realtà no, ma salta fuori solo quello. Le sfaccettature sono tante del rock anche dai noi, come i Fractal Reverb – Slut Machine – Day After Rules, però in effetti quelle che vengono fuori sempre quelli, non sappiamo perché.

Dalla vostra sponda del Po, qual è un riferimento musicale per chi comincia a suonare?

Come locale lo Stige a Codogno, li ci sono passati un po’ tutti. Poi c’è il Muzak a Casalpusterlengo e Bang Bang Radio, sono posti dove si può stare anche in compagnia se vengono utilizzati nel modo giusto e forse non è sempre così. Poi a Codogno il Live Studio, anche se sta cambiando molto e forse diventerà un’unica sala dove ci sono le lezioni, anche noi siamo passati di lì.

Invece come eventi proprio a Guardamiglio è nato il Low-L!

Un festival fatto apposta per essere aperto a più gente possibile e per creare qualcosa di bello, e per fare una cosa diversa, perché di altre occasione ce ne sono ma sono le solite sagre, quelle tradizionali. Anche perché di posti dove si suona non ce ne sono molti, ma crediamo che sia così un po’ dappertutto.

A volte vedo e sento due modi opposti di vivere il proprio paese. C’è chi ne fa il centro delle proprie produzione e chi invece se ne vuole allontanare il più possibile (che poi credo sia un discorso più umanistico che musicale, ma vabbe). Voi mi sembrate abbastanza tarati sulla seconda, mi confermate?

Beh, è così. Siamo legati al territorio dove siamo cresciuti anche se dal punto di vista musicale non si direbbe. È bello starci ma la nostra testa non è lì, anche perché altrimenti facevamo la cover del Galletto. Forse Wild nights è quella che ha qualche riferimento più marcato, quelle notti selvagge che sono state fatte lì ma sempre ambientate da un’altra parte. Ovviamente non siamo andati in uno streep club sulla sunset street a Los Angeles, ma quello che si trova nei pezzi è stato scritto per allontanarsi il più possibile dalla bassa, da Guardamiglio, da Piacenza.

Summertime In Jazz