(nella foto: MBK band da sx Aurelien chitarra – Etienne voce e chitarra – Charles batteria – Stefano basso)
Oggi per qualche riga cambiamo orizzonti, da Piacenza Music Pride diventiamo Piacentini Music Pride. Questo perché al centro della nostro articolo c’è un piacentino emigrato prima in Francia e poi in Belgio. Lo abbiamo cercato perché col suo gruppo, i Mountain Bike e il loro ultimo del disco omonimo del 2014, sono stati una delle rivelazioni musicali dell’anno in Belgio e hanno ricevuto apprezzamenti di pubblico e di critica anche in Francia e Olanda. Lui è Stefano Bedani (nella foto in maglia Celtics) e abbiamo voluto conoscerlo non solo come bassista dei MB, ma anche per chiedere la sua idea sulle differenze fra il “là” e il “qua”. Parafrasando: fra Belgio e Italia (più precisamente, Piacenza).
Per presentarti partiamo con mini-biografia
Non è facile, ma proviamoci: sono nato a Ponte dell’Olio il 5 ottobre 1986 e ho vissuto a Verano fino al 2001 quando mi sono trasferito a Perpignan. E lì musicalmente è cominciato tutto. Ho iniziato a suonare con mio fratello Angelo, Etienne (voce e chitarra dei Mountain Bike) e Johanna, con il nome di Phonophobia, band che è diventata “Warm Toy Machine” quando Joanna ha lasciato il gruppo. Da lì sono finito a Tolosa e poi a Bruxelles. Mentre in parallelo portavo avanti il mio progetto “blues trash” solista col nome Billy Joe one man band, abbiamo pubblicato i primi 2 album ed un Ep. E’ stato nel momento in cui Etienne e Charles, il nostro attuale batterista, danno vita nel 2012 ad un nuovo gruppo, che cominciano a mettersi le basi per quello che c’è oggi. Io mi aggiungo come bassista e poco dopo arriva anche la chitarra di Aurelien. A quel punto registriamo i primi 2 brani che avranno come copertina una foto in cui c’è un clochard con la sua fisarmonica e io (ma senza testa) che indosso una maglietta con scritto mountain bike. Da lì abbiamo scelto il nome del gruppo. Il progetto comincia a svilupparsi in modo incredibile ed inatteso, prende tutto il mio tempo costringendomi alla lunga a smettere con i Warm Toy Machine e Billy Joe (almeno per adesso). Poi tutto si è velocizzato di colpo: registriamo il primo album, troviamo un’etichetta (la Humpty Dumpty Records), un addetto stampa e ad aprile dello scorso anno esce il nostro secondo album. E siamo arrivati ad oggi.
Dall’uscita del secondo disco intitolato Mountain Bike come voi, siete diventati conosciuti in Belgio e non solo. Ve lo aspettavate di essere apprezzati in questo modo?
In questo modo no, però da quando il progetto Mountain Bike è cominciato, abbiamo da subito notato un interesse crescente nei nostri confronti. Noi stessi abbiamo captato la forza del nostro potenziale e abbiamo messo da parte altre cose per focalizzare tutto su questo. Poi da aprile scorso è stato un crescendo continuo di pubblico e recensioni positive. Non a caso però, perché il lavoro attorno al progetto è stato davvero forte.
In termini personali come puoi sintetizzare quello che è accaduto?
Quello che è successo con Mountain Bike è l’unione di quattro personalità diverse, ognuna con una maturità musicale e un percorso ben definito. La fortuna ha fatto in modo che si sia creata un’amicizia molto forte tra di noi e penso che sia una delle prime cose che si può vedere in uno dei nostri show.
Andiamo sul conteso generale, il panorama musicale belga rende più facile produrre, suonare, avere date e contatti?
In generale si. Per noi un fattore molto importante è la posizione, Bruxelles è una posizione strategica. Siamo al centro di una zona molto importante anche sotto il profilo artistico e in 1 ora, 1 ora e mezza, di macchina siamo già fuori dai confini in posti molto diversi. Oltre a questo, Bruxelles, essendo capitale, concentra molte cose. Ci sono tanti gruppi di stili diversi, che vuol dire avere meno concorrenza diretta e più visibilità, anche se i posti dove suonare si sono ridotti. Però come detto prima, essendo vicini ad altri paesi, ci vuole poco ad avvicinarsi ad altre realtà. Comunque Bruxelles rimane un centro di passaggio quasi sempre inevitabile per tanti gruppi durante i loro tour, fondamentale per mantenere una forte cultura musicale.
Tu che conosci anche la nostra realtà (sapendo che a Piacenza è tutto più piccolo e più difficile), quanto è diverso fare musica in Belgio rispetto all’Italia?
E’ chiaro, a Piacenza tutti questi vantaggi non ci sono, ma più che altro è una questione di mentalità. Sono le abitudini e la cultura che fanno la differenza. Se una città mette a disposizione finanziamenti economici nello sviluppo di attività culturali, è un modo per generare interesse verso gli eventi artistici. Ci sono posti, come appunto nel nord Europa, dove la gente va a vedere tre o quattro concerti alla settimana. E’ la normalità. Non a caso però, ma creando un sistema che si autoalimenta: più concerti ci sono, più c’è pubblico e di conseguenza ci saranno ancora più concerti. Chiaramente non può succedere ovunque, ma dove non c’è l’iniziativa non si creerà mai un mercato. Perciò, per rispondere alla domanda, la differenza fra i due panorami musicali è davvero tanta.
Per gestire date ed appuntamenti, lì come funziona, come siete organizzati?
Attualmente il gruppo è gestito da Joseph, il nostro manager che abbiamo incontrato tramite Charles. Poi si cerca di avere un booker in ogni paese, per il momento abbiamo un booker Belga, uno olandese ed uno francese, i quali lavorano direttamente con il manager. Le decisioni finali rimangono comunque al gruppo, anche se seguiamo attentamente i consigli della gente che lavora per noi e che cerca di sviluppare al meglio possibile tutto il progetto Mountain Bike. Ovviamente tutto ciò basato sul lavoro insieme all’etichetta, nel nostro caso la Humpty Dumpty records, che si occupa di tutta la produzione dei dischi, della distribuzione, e che ha assunto un addetto stampa per il Belgio. Ma non solo, abbiamo un addetto stampa dedicato solo alla Francia.
A differenza di molti gruppi in Italia, siete molto attenti alla pagina Facebook e il sito è molto carino, quanto è importante per voi il “mondo social”?
La parte social per noi è importantissima, siamo in una generazione dove tutti usano Facebook o altri social networks, sarebbe stupido non approfittarne per lo sviluppo del gruppo. Cerchiamo di avere sempre qualcosa di nuovo per attirare l’attenzione della gente, sembra un po’ una roba da “geek” ma non è così. Comunque centrale rimane e rimarrà sempre il ive show. E’ lì dove devi mettere tutti d’accordo.
Una band che prova a suonare e fare qualcosa qua da noi, fa molta fatica a farsi strada, tu che fai musica fuori dall’Italia quali vedi come problemi più grossi della realtà musicale italiana specialmente di provincia?
Il problema maggiore di un gruppo che suona in un panorama provinciale, come ad esempio Piacenza, è che tante volte manca il pubblico o ancora peggio, la gente non è interessata. E’ triste da dire ma penso che sia più facile spostarsi, che cambiare una mentalità. La soluzione sarebbe dare vita a dei locali fatti apposta per ospitare queste situazioni, ma in quel caso ci vogliono i soldi, tanti soldi, sempre quelli….
Molti sottolineano la poca innovazione musicale in Italia, l’abitudine ad ascoltare e produrre cose sempre molto simili e poco innovative, tu cosa ne pensi?
Il fatto è che la gente si abitua a non andare verso cose nuove. Non bisogna disturbare il loro piccolo quotidiano e quindi ne consegue che tutto viene sviluppato su basi tradizionali in modo da non destabilizzare troppo la gente, in modo da non portare via i punti di riferimento. In questo modo la creatività e la novità sono messe da parte. Può essere rassicurante per alcuni ma però è spaventoso per altri. Purtroppo tante volte i posti, anche in provincia, bisogna farseli da sé. Un esempio? Lo Spectre Live Club a Bucine, Arezzo. Un posto quasi irraggiungibile se non conosci la strada, ma bellissimo e accogliente, dove ci va tanta gente che ha capito la qualità di quello che propone.
Per salutarti non posso non chiederti se vi sentiremo suonare in Italia e qualcosa sul vostro futuro..
Per il momento purtroppo non abbiamo ancora calendarizzato nulla in Italia, ma mai dire mai, per il futuro non nascondo che stiamo lavorando, già da adesso, su un album in prospettiva 2016.