Kokadame | Intervista di Amerigo Idra

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Kokadame | Intervista di Amerigo Idra

Amerigo Idra ci aiuta a scoprire i Kokadame

I Kokadame si raccontano in modo vero e sincero

DALLE MACERIE ALLA RIVOLUZIONE

Quando i KOKADAME fecerò la storia

Siamo noi eternamente insoddisfatti.

Siamo noi senza più lacrime agli occhi!”

Poveri Onesti – KOKADAME

ATTO I

Qui e Ora

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!

Io vivo controtempo anche se sono stanco!

Ho già raschiato il fondo ed ora più problemi non ho!”

Poveri Onesti – KOKADAME

ATTO II

La nascita del Mito

Se devo impiegare il poco tempo che mi rimane,

io canterò le mie canzoni! Per forza!

Già la vita è una merda e se devo perdere tempo

a cantare le canzoni degli altri… Fanculo cazzo!”

Il Bare

Siamo cresciuti in provincia di Piacenza e la città era troppo lontana, figuriamoci l’America.

Tutto da noi arrivava dopo, non avevamo il tempo per scegliere le scarpe o le magliette da mettere quando le giornate si allungavano e il calore nelle sere d’estate ci soffocava, perché in provincia il caldo ti lasciava incollato all’asfalto infuocato, lacerato e con il cuore a brandelli, quindi sfoggiavamo con infinito orgoglio scarpe Adidas di seconda mano e magliette dei FUGAZI usurate regalateci da uno dei nostri innumerevoli cugini.

Internet era un vizio per i pochi che se lo potevano permettere e i computer fortunatamente costavano troppo per le tasche della maggior parte delle persone, i telefonini erano grossi come i sassi che tiravamo lungo il fiume sfidando noi stessi a farli arrivare sull’altra sponda con un lancio fortunato e la televisione…

Alla televisione preferivamo diventare rossi al tavolo di un bar perché la ragazza che al tempo pensavamo fosse l’amore della nostra vita ti aveva regalato un innocente carezza e subito dopo, vomitare i nostri peccati tra bottiglie rotte e limoni sporchi dietro bidoni della spazzatura con tutti gli occhi della notte puntati addosso.

Non avevamo modo di capire il mondo perché il nostro mondo finiva dove le nostre forze e le nostre gambe riuscivano a portarci.

Arrivavamo sempre ad un passo dalla casa del sole, dove esso tramonta, ma non riuscivamo mai a toccarlo e con il cuore in gola cadevamo insieme a lui.

Era il tempo in cui le azioni compiute facevano il ragazzo che eri e l’uomo che saresti diventato.

Non avevamo niente, avevamo solo noi stessi e la verità.

Questo i KOKADAME lo sanno bene.

Nell’inverno del 2021 in una cantina della Val Tidone in provincia di Piacenza, un po’ per caso e un po’ per contrastare lo stato sociale creatosi durante la pandemia si incrociano le strade di cinque anime libere che poco dopo tempo sarebbero diventate, a mio parere, una delle band più influenti del panorama musicale Italiano, i KOKADAME.

Riarrangiando vecchi brani dei THE AMMAZZO, band della quale tre quinti di loro provengono, iniziano a mischiare il loro sudore e a scrivere canzoni originali. Nell’estate 2021 partoriscono il loro primo figlio “Sarà l’aria della Val Tidone?”, un album feroce che ti arriva dritto nel muso senza chiderti scusa e darti giustificazioni inutili, completamente autoprodotto, dalle registrazioni al mixaggio, dal master fino alla realizzazione fisica di 100 cd numerati a mano e pubblicato dalla neonata etichetta Indipendente Valtidonese, BASTIONE RECORDS.

Kokadame | Intervista di Amerigo Idra
La copertina di “Dounlowd”, l’ultima uscita in EP dei Kokadame

Dopo pochi mesi il loro istinto di paternità li fa partorire il loro secondogenitoDounlowd

Ricordo ancora il messaggio che scrissi al Fabio, batterista della band, dopo averlo ascoltato, ero completamente fuori controllo dopo che quelle canzoni mi hanno attraversato.

Le chitarre distorte e violente ma nello stesso tempo anche desolanti e piene di amore rendono il loro sound immortale nel tempo risvegliando i mostri del passato nascosti sotto al letto, la batteria animalesca e le sue dinamiche devastanti ti inchiodano al pavimento, mentre il basso ti spacca lo sterno e con ferocia ti strappa il cuore dal petto per poi prendere il suo posto.

La fusione di questi elementi crea un materasso immerso nelle macerie di un mondo che non ci vuole per accogliere la voce.

Il Bare non urla e basta, non canta e basta, ma come un moderno profeta ti sputa in faccia le meccaniche della vita.

Senza tanti lustrini e paillettes ti porta faccia a faccia con te stesso, con le tue vittorie e con le tue sconfitte, con il rancore che ti mangia dentro e con i soli ricordi che la notte ti aiutano ad addormentarti.

Ti ricorda che la tua vita se è vissuta in modo vero e onesto è degna di essere vissuta e che anche chi è spirato, chi è fottuto, se ha vissuto in modo vero è perdonato e libero.

Con i KOKADAME ho rivissuto tutta la mia vita fino ad ora, mi hanno riportato indietro nel tempo.

Ho rivisto la mia faccia imbarazzata per l’esclusione dalla società e la rabbia dovuta a tradimenti infantili, la certezza di non appartenere ad un mondo cattivo e la felicità sopraggiunta dopo la consapevolezza, ho visto l’amore che sto vivendo e quello che mi ha insegnato a viverlo in questo modo…

Ho visto chi sono e come ho fatto ad esserlo.

Non sono una semplice band, sono un filo diretto che collega chi eravamo a chi siamo diventati.

Kokadame | Intervista di Amerigo Idra
I Kokadame

ATTO III

Acqua del rubinetto, sigarette e verità

Tu mi fai stare bene…

Mi fai stare bene… tu…”

Adesso cazzo faccio? – KOKADAME

Non voglio parlare troppo della musica che fate perché credo che la libera espressione debba essere rispettata e accettata per quello che è, io personalmente sono stato completamente sconvolto da quello che ho sentito era da anni che non ascoltavo qualcosa di cosi emotivamente devastante.

Quello di cui voglio parlare adesso è di quello che avete dentro, quindi vi chiedo perché lo fate?

Chi mi risponde? Fabio?

Fabio: Perché lo faccio… Sembra una domanda facile a cui rispondere… Perchè lo faccio? Lo faccio perché mi piace un casino e ancora di più mi piace connettere le persone, creare e fare gruppo. La vedo proprio come una valvola di sfogo, un motivo per conoscere gente diversa e si lo faccio, come dice la nostra canzone, perché mi fa stare bene. Mi fa stare bene e non riuscirei a non suonare.

Ho fatto periodi a non farlo e ho fatto periodi a suonare solo con UGANDA che sono miei amici ed è musica che mi piace molto suonare, ma io ho anche bisogno del live violento e incazzato… Adesso che è tornata questa sana violenza capisco ancora di più quanto mi faccia stare bene.

Credo che sia uno dei reali motivi per cui lo si debba fare, stare bene e trovare persone con cui condivdere tutte le emozioni che esprimete con le vostre canzoni. Quindi fanculo la fama e fanculo il successo!

Fabio: Assolutamente si, fanculo! Non mi interessa diventare famoso, mi interessa che le persone ascoltino la mia musica quello si, anche solo per il fatto di spargere il seme… Senza mai neanche credere che esista un futuro dove gudagneremo dei soldi o dove saremo sulla bocca di qualcuno influente nell’ ambiente. Mi interessa arrivare alle persone, anche a poche persone, ma arrivargli con quello che facciamo e portare un po’ il nostro modo di pensare e un certo tipo di attitudine dentro di loro. Quell’attitudine che ho trovato nei KOKADAME, che ho trovatto in te e che sto trovando in tante persone, che pensavo fossero meno e invece sono tante.

Quindi mi piace suonare per essere libero e per tornare un po al vero, ai contatti veri.

Sentire queste parole mi fa bene al cuore. Bare tu invece perché lo fai?

Il Bare: Fratello, la risposta alla domanda me l’hai data tu… con il vocale inviato al Fabio dopo aver ascoltato “Dounlowd”. C’è dentro tutto in quel messaggio…e lo faccio per questo.

Cazzo mi ricordo quel messaggio… Ho ascoltato il disco appena il Fabio me lo ha mandato e dopo aver finito di ascoltarlo volevo solo attaccare la Tele e buttare giù casa mia.

Fabio tu hai parlato di spargere il seme, parli di un modo di vivere la musica? Parli di creare una realtà totalmente indipendente fuori da ogni schema musicale moderno, come state facendo voi con i KOKADAME e Bastione Records, dove la musica e il modo di fare musica è il fulcro di questo movimento? Perché di rivoluzione musicale stiamo parlando e si sa che le rivoluzioni nascono nelle cantine e voi nascete proprio in una cantina e cazzo io ci sono stato in quella fottuta cantina e trasuda di verità. Ma mi chiedo anche se l’Italia vuole ed è pronta per questo…

Fabio: In giro per l’italia ho trovato tante situazioni del genere ma purtroppo sono di nicchia, perché secondo me si è abbagliati molto dal successo e sempre secondo me si è abbagliati molto dal successo in questa era dove i social purtroppo dominano e sopratutto vendono false speranze. Poco fa cercavo su internet canali indipendenti per distribuire la nostra musica e ho visto che ci sono siti che vendono ascolti o storie su Instagram… Questo può ingrossarti l’ego perchè dici, cazzo sono arrivato a milioni di persone, si ma io mi sento di essere arrivato a più persone l’altra sera al Circolino di Seminò. Perchè quelle quaranta cinquanta persone che c’erano hanno visto me stesso spoglio da tutte le maschere che a volte portiamo per sopravvivere.

Ecco ad esempio, ritorno un attimo sulla prima domanda…

Vai tranquillo Fabio...

Fabio: Lo faccio perchè quando suono sono me stesso, mi sento me stesso. Mi viene da fare una cosa e la faccio. Per esempio al live dell’altra sera ho lanciato la grancassa addosso al Bare perché mi mi andava di farlo. Mi posso sfogare creativamente a trcentosessanta gradi. Succede raramente perchè si guarda meno a creare situazioni del genere, che poi sono reali, e più a fare numeri sui social. Cioè è più figa una foto con duecento persone davanti in posa fatta bene che una foto sgranata con trenta persone sudate che vivono il momento del live qusi come una catarsi. Fa più rock un immagine dei Maneskin con davanti duecentomila persone che noi sul palco del Bastione tutto distrutto ma però vero. La facciata che si è creata attorno al moderno modo di vere l’arte sta rovinando un po’ tutto.

Non ti sei allontanato molto dal concetto della domanda che ti avevo fatto. Il modo di vivere l’arte non è sano ma avvelenato dalla voglia di appararire e di avere successo. Tu cerchi la verità nella libera espressione e la condivisione delle sensazioni che l’arte ci dona…

Fabio: Esattamente. La cosa che cerco io l’ho trovata in giro, l’ho trovata molto nei ragazzi giovani che frequentano il giro hip hop, loro sono una crew e fanno partte di qualcosa. Ne parlavo l’altro giorno con il ragazzo che ci fa i video, io sento molto il Bastione come una crew, uno che cura i video, uno che fa le foto… ci manca ancora qualcosa per essere completamente indipendenti e fuori dalle regole dell’ambiente musicale ma si vuole tutti fare qualcosa per una passione che si ha e portarla anche a disposizione di altri senza chiedere niente in cambio, ma soltanto anche per il semplice fatto di migliorarsi nella propria passione.

Forse le persone non lo fanno più con il cuore e per l’urgenza di esprimersi, ma lo fanno per piacere agli altri ed è importantissimo piacere al pubblico, anche perchè se piaci solo a te stesso te la canti e te la suoni da solo, ma non è sempre così perchè bisogna essere veri. Sopratutto bisogna esserlo con se stessi. La parola torna spesso, ma è di verità che si parla quando si parla di arte.

Io in voi vedo quello che stai dicendo, vedo la verità. La vedo nel vostro modo di essere su e giù dal palco, la vedo e la sento nel vostro modo di suonare, ma ancora di più la vedo nei vostri occhi.

Le vostre canzoni trasdudano di sangue e verità. I vostri testi sono la realtà sparata nel muso in una serata alcolica, sono gli occhi gonfi di chi ha solo se stesso ma anche i sorrisi di chi sa di non essere solo. Sono la verità mentre tutto intorno brucia. Cosa vi ha portato a questo?

Il Bare: Questa domanda per quanto mi riguarda è molto seria e importante… Nella banalità stiamo parlando di verità… di bullismo, di scazzi famigliari, alcol, droga e amori mai nati… di semplicità… Scrivo quello che sono e suoniamo quello che siamo.

Quindi i KOKADAME non sono semplicemente musica?

Il Bare: Essere musicisti in provincia, in campagna ti etichetta e molti di noi arrivano in questa realtà già etichettati. Non è solo musica, con questo non voglio sminuire la musica che reputo la più completa tra le forme d’arte, non è uno stile di vita… è una condizione.

Che siano i KOKADAME o Il Fattore Rurale noi ci siamo. Vi piaccia o no.

Questo è parlare, reale nelle canzoni e nella vita Bare. Vi faccio un ultima domanda con la quale di solito chiudo tutte le intervista, perchè a me come a voi piace la verità.

I KOKADAME insieme ad altre poche band stanno scrivendo la storia della musica Italiana, ma voi di cosa avete paura? Anzi, Bare lo chiedo con te… Tu di cosa hai paura?

Il Bare: Una risposta da maschio alpha sarebbe non ho paura di niente… La mia risposta invece è… Ho paura di deludere le persone che credono in me, ho paura di non essere un buon padre per mio figlio. Ho paura… Sempre… Guai a non averne. Chi dice di non averne sta mentendo.

I KOKADAME sono quello di cui le persone hanno bisogno. Verità e rivoluzione dalle macerie di un mondo che non ci vuole.

Amerigo Idra

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