Karl Scotch: dalla cameretta ai festival, un sogno divenuto realtà

351

“ok, per sabato mattina ore 11.30, ci troviamo all’uscita della biblioteca prima devo studiare un po’” Si presenta così al telefono Karl Scotch, nome d’arte di Carlo Alberto Scotti, classe 1993 , il Dj piacentino che fa ballare mezza Italia e non solo!

Parliamo della figura del Dj e Karl fa subito qualche precisazione: “ormai la figura del dj è inflazionata, viene usata anche nel bar sotto casa per creare movimento. Il Dj però nasce nelle discoteche che, al di là delle apparenze, sono una “macchina imprenditoriale” vera e propria. Tutto serve a creare il tipo di ambientazione tipico del club,  la musica gioca un ruolo predominante e si crea un vero e proprio legame tra lo stile musicale e quello del locale. Nel mio piccolo cerco di difendere questo tipo di figura di Dj in questo tipo di contesto , in modo che non sia “svenduta” e perda la sua caratterizzazione.”

Andiamo con ordine, classica domanda, Karl come sei arrivato fino a qui?
Mi sono trovato a picchiare sui tamburi della batteria di mio papà, dall’età di 5 anni e fin che ho memoria mi ricordo un disco sul piatto dello stereo che suonava. Oltre a batterista papà è sempre stato collezionista di musicale di dischi nonché dj a livello amatoriale; ho cominciato con lui. Due giradischi e un Gemini a 2 canali sui quali facevo le prime sperimentazioni con i dischi del babbo. E poi ancora musica con le paghette che finivano da Alphaville o al Dj 70 dove c’erano infinite discussioni con altri come me ma soprattutto con Filippo Falliva. Un piccolo lavoretto in una discoteca della zone nella quale trovavo ogni scusa per mettermi alla consolle durante l’orario delle pulizie per provare e riprovare.

Tanta passione e l’inizio vero e proprio, com’è avvenuto?
Ero nel consiglio d’istituto della mia scuola e, insieme ai rappresentanti di altre scuole (eravamo 6 in tutto), abbiamo pensato di organizzare una festa in discoteca per gli studenti alternandoci alla consolle: beh, quella festa ha “spaccato”, il locale era strapieno, e noi eravamo al 7° cielo. Da allora ho incominciato ad intraprendere la carriera di dj resident negli storici locali della famiglia Gallinari e dell’amico fraterno Matteo Maini. Gli anni successivi sono stati un susseguirsi di serate in tutti i club della provincia (con i quali tutt’ora collaboro; sono resident dj al Comoedia ed al Solho grazie alla collaborazione con l’amico Leonardo Marchin) fino al salto che mi ha permesso di girare tutta italia.

Karl Scotch promo release

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”5481″,”attributes”:{“alt”:””,”class”:”media-image”,”height”:”115″,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”235″}}]]

 

Dalla provincia alle grandi discoteche il salto è stato grande!
Nel corso degli anni ho creato un mio modello musicale per il quale sono riconosciuto. Oggi, diciamolo tutti possono fare il dj, basta scaricare una play list e farla girare. Diverso è invece essere riconosciuto per il tuo “mood”. Non mi piacciono le correnti musicali, preferisco applicare il mio sound a loro e cercare una contaminazione nella quale giocano un ruolo determinante i dischi di mio padre! Pezzi jazz, disco anni 70/80 o canzoni come “figli delle delle stelle” li faccio entrare nelle mie serate. Sembra facile ma ci vuole applicazione anche qua. Sono ore e ore passate nello studio ad ascoltare, mixare, registrare per creare il sound perfetto che deve entrare nell’atmosfere del club, altrimenti è un attimo “essere lanciati” nel vero senso della parola.

Un modo per essere dentro al sistema ma con un vera e propria personalità dunque!
In un certo senso si! Come dicevo, la discoteca è una macchina commerciale e, a certi livelli, il direttore artistico, se ti spingi troppo oltre lo stile del locale, non ci mette niente ad allontanarti dalla consolle. Ma se contamini ed educhi il pubblico con un certo criterio al tuo suono, va a finire che ti chiamano proprio perché vogliono sentire quello! E poi c’è il discorso dei ragazzini che vengono in discoteca che “sembra li abbiano messi lì” e non sanno neanche il perché. Spero che tutto, anche se è nel mondo dell’effimero, possa farli uscire dall’abulia totale!

Tanti locali importanti nel tuo palmaresse puoi citarne alcuni?
Certo e con soddisfazione perché rappresentano i locali di punta d’Italia. Grazie ad Osvaldo Badaracco (over the top eventi), una persona alla quale devo molto sia artisticamente che umanamente, Ho suonato alla Capannina a Forte dei Marmi, al Pepero di Porto cervo e al Des Alpes, collaborando anche con artisti del calibro di Bob Sinclar… Indimenticabili poi le serate al Club Haus 80, in Svizzera e sopra tutto l’esperienza dello Spring Break Invasion in Croazia coni ragazzi di UniNoise Guglielmo Filice e Giulio Taroni.

Cosa c’è in programma per il futuro prossimo?
Prima di tutto laurearmi. Tanto può essere veloce la salita, può essere altrettanto la caduta e devo tenere la testa sulle spalle. Quindi prima di tutto laurearmi. Lo devo anche ai miei che mi hanno sostenuto anche economicamente in questi anni. Ho alcuni progetti importanti, che potrebbero anche cambiarmi la vita, ma non posso entrare nei dettagli perché è ancora tutto in divenire e…. non si sa mai.
Mi piacerebbe entrare anche nel mondo della produzione che è davvero intrigante. In ogni caso continuare a suonare, anche se con una punta di orgoglio o, se vuoi, presunzione, posso dire che se appendessi le cuffie al chiodo anche adesso posso dire di aver raggiunto obiettivi e tolto soddisfazioni che 10 anni fa erano solo un sogno.

In questa lunga intervista, Karl, con la sua verve e la sua passione,mi ha accompagnato , quasi fosse un insegnante, in un mondo a me sconosciuto. Nel quale sono stati ribaltati i miei preconcetti e pregiudizi rispetto a questo tipo di musica. In bocca al lupo allora anche se ho la certezza che il nome di Karl circolerà a livelli sempre più importanti.

Summertime In Jazz