In queste settimane si è tornato a parlare di Tendenze e del suo futuro, e da chi dovevamo andare per parlare di uno degli eventi musicali più sentiti della nostra provincia?! Ovviamente dall’anima del Festival degli ultimi 10 anni: Nicola Curtarelli.
Partiamo da te: cosa hanno significato 10 anni di Tendenze?
Hanno voluto dire l’esperienza più grande e difficile, piacevole e spiacevole, della mia vita. Io ho iniziato a 24 anni, cioè molto giovane, ed ha rappresentato il sogno di poter lavorare concretamente con la musica nella mia città. Col tempo ti responsabilizza e ti rende molto diplomatico perché oltre a gestire soldi pubblici, ti rendi conto della sua importanza, ossia che Tendenze è uno strumento con grandi potenzialità per uscire da un certo provincialismo. Allo stesso tempo invade la tua sfera personale, e di quelli che ci lavorano dentro, perché per tre mesi all’anno è totalizzante.
Difficoltà e soddisfazioni…
La difficoltà sta nel renderti conto che hai la responsabilità di tante persone, per la parte economica e per quella della sicurezza, per il fatto che ci sono tante regole e parametri da rispettare. Una difficoltà enorme sta nel fatto che è talmente sentito che c’è una forte pressione da parte di tanti soggetti. Tutte le volte che pubblicavo il programma, era un parto, perché devi proporre una scaletta giusta sia per gli artisti sia per chi ascolta. Soddisfazioni? quella di averlo fatto per dieci anni; non c’è mai stato nessun problema di sicurezza, tecnico o organizzativo; aver portato dei gruppi che sono stati capaci di fare strada e aver messo in mostra tanti ragazzi piacentini.
Qualche rammarico?
Non ho rammarichi. So che alcune scelte non sono state capite subito, ma sappiamo che a Piacenza le cose nuove vengono “digerite” con calma. Forse, a pensarci, non sono particolarmente affezionato alle edizioni della Taverna delle fate ma anche lì non ho colpe, non c’erano alternative. Probabilmente il rammarico è quello di non aver fatto capire a tanti gruppi che Tendenze non era un arrivo, ma una partenza.
Tramite Tendenze (e non solo) come hai visto cambiare il panorama musicale piacentino?
La qualità è aumentata tantissimo. Oggi i gruppi arrivano preparati, con alle spalle decine di date, a differenza di prima quando Tendenze era quasi l’unica occasione per suonare dal vivo. Rispetto a 10 anni fa siamo migliorati tantissimo però fra di noi, nel momento in cui ci raffrontiamo con quello che c’è all’esterno, le cose cambiano. Noi rimaniamo sempre troppo nostrani. Forse ci vorrebbe un minimo di “paraculaggine” in più. Questo non vuol dire che non ci siano capacità, anzi, ci sono gruppi che non hanno nulla da invidiare a tanti altri che sono fuori Piacenza, ma rimane troppo forte l’attitudine provinciale.
Recentemente ci sono state due riunioni sul futuro di Tendenze…
Gli incontri sono stati chiesti dal Comune perché sapeva la volontà di lasciare dopo 10 anni e a noi, come gruppo, ci è sembrato giusto metterci a disposizione. Il primo incontro probabilmente ha un po’ spaventato perché abbiamo messo in chiaro da subito la realtà delle cose, ossia che creare un evento del genere non è uno scherzo, dal lato artistico ma anche, e soprattutto, dal punto di vista logistico e burocratico. Una cosa che abbiamo voluto sottolineare, e che a volte sfugge, è che il festival deve essere funzionale ai gruppi di Piacenza per metterli in mostra e solo in un secondo momento bisogna pensare a quanta gente viene.
In una intervista di qualche anno fa sottolineavi 3 problemi del nostro movimento musicale: mancanza di un luogo dove suonare anche d’inverno; scarsa attitudine a “guardarsi attorno”; poca ricerca musicale da parte dei gruppi. Adesso a che punto siamo?
Beh, il primo punto è stato risolto, adesso abbiamo Sound Bonico a cui auguro una lunga vita, anche se difficilmente ce ne saranno altri, poiché la musica dal vivo è stata soppiantata dai dj set e perché non c’è più la rincorsa al gruppo musicale. Gli altri due punti rimangono. I gruppi piacentini non hanno capito che bisogna andare in giro per capire cosa succede, prima di tutto “senza chitarra” e, gestendo una sala prove, mi rendo conto che ai gruppi giovani sento suonare sempre le stesse cose, sempre le solite 10 canzoni, non vedo campionatori o portatili. Questo vuol dire suonare senza cognizione di causa, senza capire cosa succede fuori.
Come dovrebbe essere il futuro di Tendenze?
Tendenze non deve avere paura di cambiare. Come struttura, come impostazione, come suoni. Noi volevamo far vedere cosa c’era fuori e portarlo a Piacenza. Un’idea sarebbe quella di far pagare un piccolo biglietto all’ingresso, magari sarebbe un festival con meno persone, ma con un livello più alto. Da chi organizzerà la prossima edizione mi aspetto coraggio. Perché no? Rifarlo da zero. Come noi 10 anni fa. Secondo me non avrebbe senso farlo uguale, con la stessa veste. Il festival deve cambiare, perché a mio avviso un festival fatto così, potrebbe non avere più senso, potrebbe non avere più aspettative.
Questo, a Tendenze, è un arrivederci o un addio?
E’ un grandissimo arrivederci! (parafrasando: è un addio. Ndr).