I Lesima sono “come un tuono”. L’intervista a 3 giorni dal nuovo Ep

437

Dopo il Lampo arriva il Tuono e allora, anche se con un ritardo un po’ più lungo rispetto a quello degli eventi naturali, i Lesima sono di nuovo fuori (o meglio lo saranno ufficialmente da venerdì 16) con il proseguimento del primo ep lanciato a maggio. E allora li abbiamo incontrati di nuovo. Stesso posto – stesso bar – stessa storia? Direi di no.

Cosa dobbiamo aspettarci di diverso?

Questo è il proseguimento di un lavoro che ha visto la luce a novembre ma che è figlio di quello svolto esattamente un anno fa, e questo “Tuono” è da un lato è più scuro e dall’altro lato è complementare rispetto a Lampo. Il tuono te lo aspetti, il lampo no.

Lampo è stata la svolta in italiano, la risposta come è stata?

Positiva. La gente capisce quello che diciamo, il problema è che non capiamo noi! (si scherza ovviamente). Da un lato è stato apprezzato però da un lato non è ancora stato capito. Siamo un po’ diversi da quello che esce in Italia oggi, dalla proposta musicale che c’è. Ci sentiamo più onesti, diretti e “terra terra” rispetto a quello che c’è. Adesso c’è un modo di scrivere che definiremmo “smart”, da furbi e mai col cuore in mano. È tutto come questo governo, ci fa talmente schifo che quasi ti viene fin da rivalutare la Meloni, cosa che in musica si traduce nel riabilitare i Thegiornalisti rispetto alle altre cose che si ascoltano.

Approfondiamo.

La musica indie doveva essere una voce diversa e alternativa (e noi ci credevamo) e invece si è conformata al mainstream. Ad esempio Gazelle non torna mai a casa incazzato. Ogni artista dovrebbe avere un’urgenza che sia rabbia, amore o odio, quelli fondamentali insomma e soprattutto quelli che noi vogliamo continuare a tirare fuori, ed invece quando ascolti la musica italiana non riesci a ricondurli a nessuno di questi sentimenti. Non ci capacitiamo di come questa cosa abbia un pubblico ma poi vedi le elezioni e capisci. È un allontanamento dall’arte per fare solo intrattenimento e allora preferiamo un Ramazzotti. Lui almeno negli anni ’80 si metteva lì a scrivere perché lo faceva con il cuore, mica i deficienti di oggi che lo fanno per cercare la hit, solo per diventare i nuovi Calcutta. La colpa risale a 10 anni fa, con Le luci della centrale elettrica, o con I Cani che sono stati i furbetti della musica.

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”12295″,”attributes”:{“alt”:””,”class”:”media-image”,”height”:”480″,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”480″}}]]

E cosa salviamo?

A parte noi, che sentiamo di poterci salvare perché veramente siamo convinti di quello che facciamo, si salva Motta, gli Zen Circus, Appino di cui si sente ancora la rabbia, Riccardo Sinigallia che fa la musica perché la deve fare, Willie Peyote.

Parliamo dei pezzi.

Quelli che conoscete già sono Giulia e Questa estate, e poi ci sono Domenica e Fuoco sulla provinciale. Domenica parla delle cose importanti della vita, che non è la domenica ma il sabato sera. Giulia è una canzone per una storia d’amore che finisce male. Poi Questa estate è sulle cose che finiscono e sulla loro nostalgia. Fuoco sulla provinciale parla di noi in quanto band, in quanto essere umani: di noi 4 e della musica, quasi come un reminder di quello che siamo (non che ci sia bisogno di rinfrescarcelo).

E come li mettiamo insieme ai pezzi di Lampo?

Diciamo che i temi sono gli stessi ma solo un po’ più declinati e approfonditi. Forse gli stiamo dando meno importanza ma perché ce li abbiamo in mano da molto tempo. A pensarci un attimo possiamo dire che prima era come se prendevamo un pallone e lo tiravamo, adesso lo prendiamo ma prima di calciare miriamo. Forse di questo non ce ne eravamo ancora accorti. Lampo è come quando esci con una ragazza per la prima volta, Tuono è quello che provi dopo averla vista un paio di volte.

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”12297″,”attributes”:{“alt”:””,”class”:”media-image”,”height”:”330″,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”480″}}]]

Tornando al fatto che ce li avete in mano da molto, li sentite in modo diverso rispetto all’uscita di Lampo?

Sinceramente no. Dal momento che non sono ancora usciti siamo ancora dentro a questa cosa. Forse si riconosce il lato selvaggio che in una eventuale registrazione sarebbe stato diverso. È ovvio che se passa un po’ di tempo le avresti suonate in modo diverso, però c’è da ricordarsi che noi abbiamo fatto tutto in quel modo perché in quel momento c’era la necessità di esprimerci così. Diciamo che quello che verrà in futuro sarà più “digerito” e meno immediato, forse perché la sete di violenza è stata un po’ colmata.

Siete ancora convinti della scelta Ep + Ep?

Ancora molto. È necessario nella musica moderna fare così. Questo non esclude che uscirà un disco intero, anzi vorremmo che fosse così, però per una band di provincia come noi e per l’attenzione sempre più ridotta verso la musica, perché la gente ascolta 4 pezzi e poi si stanca, bisogna fare così.

È difficile rapportarsi per voi in questo panorama?

Diciamo che è un altro modo di fare. Ovvio che era più bello quando avevi il cd in mano e lo potevi toccare, ma oggi è un feticismo inutile.

 

 

Summertime In Jazz