Come ci è già capitato nel passato (anche recente) buttiamo la testa fuori Piacenza per qualche riga. Non solo al di là delle Alpi, ma addirittura oltremanica. Lo facciamo per presentarvi un giovane cantautore che da qualche anno si è trasferito a Londra e che ha portato con sé la voglia di fare musica. Lui è Paolo Fornasari, conosciuto anche come Emile Bernard (oppure il contrario?! Ce lo spiegherà lui) e lo andiamo a scoprire in occasione del lancio del suo primo ep: “The distance between us”.
Intanto presentati brevemente a chi non ti conosce …
Beh, semplicemente mi chiamo Emile Bernard e canto canzoni indie pop un po’ malinconiche. Ah, qualcuno a Piacenza mi chiama Paolo!
Di piacentini a Londra ce ne sono diversi, di piacentini musicisti un po’ meno. Come ci sei arrivato? Per motivi di artistici?
Si. Ho tentato per anni come cantautore in Italia con discreti risultati. Poi nell’ormai lontano 2005 dopo l’ennesimo meeting con un A&R (traducibile in “talent scout”. Ndr) di una major in cui mi veniva gentilmente suggerito di scrivere canzoni più all’italiana, qualcuno mi mise una pulce nell’orecchio: “ma perché non vai a Londra?”. Così eccomi ancora qui, a scriverti da Londra.
Di conseguenza, come ti trovi?
Ovviamente bene, se dopo 11 anni sono ancora qui. Londra è una città’ che ti offre tanto ma allo stesso tempo si porta via molte cose che sono difficili da quantificare. Londra è un’idea, milioni di persone alla ricerca di un sogno. Ti può dare tutto quello che cerchi, ma se non stai attento ti puoi trascinare via e schiacciarti in un secondo. Da come puoi capire, ho sentimenti ambivalenti a riguardo, ma per ora la chiamo “la mia casa”.
Dal punto di vista musicale cosa offre il panorama londinese per chi fa musica?
Rischiando di ripetermi, c’è un po’ di tutto. Ci sono così tanti locali e così tante serate che puoi trovare dallo swing, al jazz, lo sperimentale, ambient, disco, old school punk and metal, indie rockers bloccati ai primi Arctic Monkeys, Brit-pop-ers, 60’s garage rockers, Surf… Basta cambiare quartiere o locale, o perfino la serata nello stesso locale e ti sembra di aver cambiato canale alla TV tra un documentario sul psych-rock e Velvet Goldmine! Una cosa che salta all’occhio però, e che notai la prima sera qui 11 anni fa, è la voglia di cose nuove e originali. La sete smisurata di musica nuova.
Come nasce il tuo “The distance between us”?
TDBU (che trovate qui https://goo.gl/eUs1Nc) è nato dalla voglia di testimoniare quello che il suono di Emile Bernard è stato fino ad ora, ed aprire la strada per il futuro. Un documento per fissare nel tempo tutto ciò che è parte dei miei live shows.
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Raccontaci un po’, senza scoprire troppo, questi 4 pezzi.
Il primo brano è “The List”, forse il più intenso del disco. Una canzone sul continuo conflitto interno tra quello che siamo e quello che vorremmo essere. Fourteen Days è una canzone che mi porto dietro da un po’, ormai diventata un capo saldo dei live e a cui avevo voglia di dare la sua dimensione su un disco e che sembra essere fatta apposta per seguire “The List”. You And The Storm e’ forse la canzone più pop, parla di una relazione e di un posto speciale a cui sono ancora molto legato. The Distance Between Us è la canzone più vecchia. Scritta solo alla chitarra un bel po’ di tempo fa e che ha cambiato diverse forme. Forse è quella che più mi ha aiutato a trovare il suono dell’Emile di oggi. Una canzone pop semplice che parte piano ed esplode nel finale quasi in stile post rock. Dopo anni amo ancora chiudere i concerti con quella, quindi anche questo EP.
L’esperienza “british” si sente, ma c’è qualcosa della tua cultura musicale italiana che porti nelle tue canzoni?
Certamente. Su tutti Battisti che credo irraggiungibile ed unico. Ma tante altre bands che fecero parte della mia adolescenza italiana: Afterhours, Marlene, Carmen Consoli e poi tanti classici della musica italiana degli anni 60. Una volta durante un DJ set in una festa molto esclusiva ho sentito suonare “Prisencolinensinainciusol” di Adriano Celentano, ma chi se lo aspettava?!? e poi Pugni Chiusi dei Ribelli!
Dall’album esce la tua voce, robusta e sotto controllo, c’è un cantante a cui ti ispiri?
Grazie! Beh, non coscientemente. Dopo anni credo di avere finalmente trovato la mia voce. Come gusti, amo allo stesso tempo i grandi cantanti come Sinatra, gli “urlatori” come Bono o Thom Yorke, quelli più “cantastorie” ma punk come Nick Cave, e quelle voci uniche come David Bowie e Morissey. Probabilmente c’è un po’di ognuno di loro in me.
Non abbiamo ancora detto da cosa nasce il nome “Emile Bernard”!
Ha! Beh, Emile Bernard era un pittore e scrittore amico di Van Gogh, Gauguin e Toulouse-Lautrec che dipinse il suo ritratto ora facente parte della collezione della Tate ma in esposizione alla National Gallery. Una forte somiglianza con tale ritratto ed una forte affinità con la sua storia furono il motivo iniziale per tale scelta, rafforzata negli anni da forti segni del destino. Forse siamo veramente la stessa persona!?!
Pensi che troverai il tempo di portare le tue nuove canzoni a “casa”?
Lo spero. Il 17 aprile tornerò in Italia a Centobuchi (San Benedetto Del Tronto) per suonare le canzoni del mio nuovo disco per i ragazzi dei Pink Rabbits, che l’anno scorso portarono la band inglese dei Dry The River (R.I.P.) nelle Marche e che ho seguito come artista di supporto per un paio di date del loro tour Europeo. Pare gli sia piaciuto pure Emile! In ballo ho anche una data a Varese per fine estate e poi forse di nuovo Milano. Se intendi a casa a Piacenza, magari metti una buona parola tu, se mi volete ancora dopo la serata con An Harbor al Dubliner’s, ben volentieri