Fra sogno e realtà, Fabrizio Lusitani racconta il nuovo album de Le Sacerdotesse dell’isola del piacere

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Oggi, con ritardo ingiustificato (abitudine che ci portiamo dietro dalle superiori), andiamo a scoprire una delle nuove produzioni del rock piacentino, parliamo di “Interpretazione dei sogni”, il secondo album de Le Sacerdotesse Dell’Isola Del Piacere.

Fabrizio, EnricoFederico ed Enrico hanno rilasciato da un paio di settimane il loro secondo album (fra il primo e questo, c’è stato l’Ep “Paura di tutto”) prodotto da V4V Records e da Cloudhead recordsanticipato dal singolo “Ricordati del sogno” (di cui trovate il video cliccando sull’immagine sotto). Un disco fatto di rimandi, immagini e ricordi. Tutto quello che c’è dentro e attorno, ce l’ha spiegato chi i testi delle Sacerdotesse li pensa e li scrive, Fabrizio Lusitani.

Fabrizio, abbiamo trovato in giro che definite la vostra musica come il “nuovo punk italiano”. Riesci a darmene una definizione?

Direi “un” nuovo punk italiano. Nuovo perché l’obiettivo è di essere originali. Punk perché non studiamo la musica. Italiano perché le parole sono importanti. Ci sembrava una definizione simpatica. E definire il genere è una bestia da cui non si può scappare quando si ha una band. E’ sempre la prima domanda.

Mi spieghi la scelta dell’immagine di copertina?

La copertina è una testa sognante. E’ nata dalla collaborazione di due artiste grafiche (Essebi e Viapozzo6) che hanno unito in una sola immagine la fotografia=ricordo e l’illustrazione=sogno. Il risultato è incredibilmente attinente al concept dell’album.

Un album anticipato a maggio dall’Ep “Paura di tutto”, questo sembra il suo naturale proseguimento, è così? Fra i due c’è stata differenza temporale nella loro creazione oppure era quasi un tutt’uno?

Paura di tutto era una canzone a sé, nata in un contesto diverso da quello in cui poi è stato sviluppato l’album. Quindi l’abbiamo pubblicata in primavera come singolo, insieme però a un altro brano che anticipava un po’ il disco e ne spezzava l’attesa. Musicalmente comunque credo che si senta una certa continuità, soprattutto per come rende dal vivo.

Già dal titolo si può capie qual è il filo conduttore dell’album, sperando di non assomigliare troppo a Marzullo: per te i sogni sono così importanti da farci un disco?

Più che importanti direi affascinanti, e per me assomigliano all’invenzione delle canzoni. Quindi sì, ci si può fare un disco. Visto che l’argomento è molto comune è meglio non essere banali, spero di esserci riuscito almeno un po’.

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Le parole e i suoni all’interno delle canzoni si ripetono, vanno in loop, quasi come un sogno ricorrente, è un rimando voluto o casuale?

Non è voluto, o forse è voluto a livello inconscio… La ripetizione serve a sviluppare meglio le varie sfaccettature di quello che voglio dire, e anche ad uniformare tutto il lavoro. Quando ripeto una frase, o un giro di accordi, cerco di non farlo mai esattamente allo stesso modo.

C’è invece qualcosa di puramente reale che ti ha ispirato o tutto proviene dall’inconscio?

Molta ispirazione viene dalla letteratura, come si può capire dai titoli e da alcuni testi. Libri, suggestioni, in tanti hanno scritto sui sogni e hanno provato a interpretarli. In certi casi ho rubato espressioni e frasi, in molti altri casi le ho rielaborate, ma sempre per raccontare situazioni reali della vita. Tutti i sentimenti negativi rappresentati nelle canzoni hanno funzione di esorcizzare la negatività.

Per chi ascolta non è facile tradurre le immagini in risposte. Per te invece, l’interpretazione di immagini e simboli, è stata possibile o rimane una continua ricerca?

L’interpretazione delle canzoni, della musica, dei testi, (e dei sogni), viene al 90 per cento dall’ascoltatore, anche se non è per forza richiesta né indispensabile. Io ho la mia e il titolo in questo senso è provocatorio, ma le interpretazioni migliori me le dà sempre chi ascolta.

Sappiamo che per quanto riguarda i testi, sei sempre di più tu a stendere la parte scritta, ma invece per quanto riguarda il lato musicale?

Ogni canzone nasce da una bozza con la chitarra acustica suonata in casa. Da lì all’arrangiamento finale ci sono tutti i passaggi e gli strati e gli stili e le idee (e anche le censure) che si aggiungono via via in sala prove. Credo che in molti gruppi rock funzioni così.

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E quali sono le influenze esterne che di più hanno dato spunto per creare il vostro suono di oggi?

Il cantante che mi ha influenzato di più è Tim Kinsella dei Joan of Arc. E’ unico secondo me, anche se molto di nicchia. Per quanto riguarda la musica, ormai suono da talmente tanti anni che non so più esattamente cosa mi influenza. Il nostro suono assomiglia a quello che negli anni Ottanta era ‘underground’ e nei Novanta era ‘alternative’. Comunque ognuno di noi ascolta cose molto diverse.

Dal punto di vista più tecnico, quanto e come la vostra etichetta, la V4V records, è stata presente nella creazione di questo prodotto?

V4V è stata molto presente dal punto di vista organizzativo, e direi fondamentale dal punto di vista promozionale. Ci hanno dato visibilità fin dai tempi del nostro disco precedente “Tutto“. Ricordo anche la nostra altra etichetta Cloudhead records, di Piacenza, che ci ha dato un supporto indispensabile per le edizioni in vinile e cd dei nostri due dischi. Per quel che riguarda la produzione artistica, entrambe le etichette ci danno massima libertà, cosa bellissima e vitale.

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