Intervista al leader del Fattore Rurale per l’ultima uscita dal titolo “Morsi”
Un nuovo arrivo che seppur appena editato, lo conosciamo molto bene. È il nuovo ep “Morsi” del Fattore Rurale che mette insieme due pezzi che abbiamo ascoltato (ed ebbene si, anche cantato. Ndr) già diverse volte ma che ora escono uniti. I brani sono “Punto G” e “La luna in leone” e ora possiamo ascoltarli anche da device e a breve anche su vinile.
Il Fattore Rurale nelle parole di Marco Costa
Come sempre anche oggi ci affidiamo direttamente alle parole dei protagonisti, in questo caso il frontman del Fattore Rurale, Marco “Tiglio” Costa. Ecco le sue risposte alle nostre domande.
Perché un ep? perché adesso? Perché questi due brani?
Un ep perché eravamo fermi da troppo tempo fatto in un momento in cui registrare adesso non è facile. Avevamo pronto Punto G da molto tempo e in molti ci chiedevano di farlo uscire come singolo, ma noi siamo della vecchia scuola e volevamo fare una cosa diversa, avere un progetto.
Per questo abbiamo unito Punto G, che parla di un amore quasi morboso, uno di quelli che nasce da uno sguardo e quasi di colpo, e La luna in leone che invece è la fine di quella cosa, anzi è la fine dopo la fine di quel sentimento e che fotografa i momenti che hanno reso immortale quella storia. Una canzone che apre e una chiude il progetto, con il “morso” che è parte di entrambe le cose.
Nel mio immaginario i tuoi testi (o i vostri?) mi fanno sentire le fitte allo stomaco, le corse in macchina e le notti insonni. Cos’è che ti morde e non ti lascia stare?
Beh intanto le canzoni posso dire che sono le mie ma fino ad un certo punto, nel senso che tante nascono dalla chiacchierate con il Trive, che sono le cose più belle del suonare insieme, in particolare quelle dopo i live, come l’estate scorsa alla Moretta, dove alle 6 del mattino la proprietaria ci ha dato il buongiorno. Molti testi vengono da queste cose qua. Poi per la seconda parte… beh, non mi lasciano stare i peccati e gli errori che ho commesso. Che non dimentico e che non voglio dimenticare perché non vorrei ripetere, ma dato che sono umano li rifarò e peccherò ancora.
I brani li abbiamo già ascoltati tante volte nei live, come mai adesso hai voluto metterli “su nastro”?
Ma in realtà non è che ho deciso adesso ma è per il momento particolare che viviamo. Senza pandemia probabilmente avrei fatto un disco intero ma come detto non volevamo stare ancora fermi, in fondo è dal 2019 che non uscivamo con qualcosa.
Poi l’album c’è ma per farlo uscire nel momento migliore non avevamo le tempistiche giuste e allora siamo usciti con “Morsi”, con questi due brani già suonati e che nella prossima uscita lasceranno spazio ai pezzi nuovi. Poi il lavoro sta comunque andando bene e perciò non manca molto, soprattutto se la formazione resiste e la gente ci sopporta, faremo qualcosa di duraturo.
Sempre su questo: quanto tempo hanno i pezzi? Lo chiedo perché spesso, alle orecchie degli autori, i brani a volte scadono un po’ nel tempo…
Al momento questi per me non scadono perché sono parte di me. Sono quello che ero, quello che sono e che in parte sarò. Il passato è parte del nostro futuro e il presente è fuori controllo, come dice Ian Curtis. In realtà non mi stufa il concetto di quella canzone, la cosa che mi sta sulle palle è che ne vorrei fare delle altre, o meglio, registrarne di nuove
Torniamo al succo. Voi ci parlate di debolezze dell’essere umano. Come sono cresciute, se lo sono ovviamente, in questi ultimi 12 mesi di Covid?
Beh questo dipende dalla persona che sei. Io ti dico solo che sono sempre un po’ solitario e penso spesso che in questo periodo i conti li fai con te stesso, perché sei ancora più solo di come saresti. Si ha molto tempo di pensare alla propria vita, di quello che hai fatto e che vorresti fare e quando sei solo nel letto e non dormi, sale su tutto.
Un anno fa parlavamo di quanto era lontana, in termini chilometrici e non musicali, l’America. Nell’ultimo anno in qualche modo è diventato più lontano anche quello che ci circonda, quello da cui trai spesso inspirazione. Ti è stato un po’ portato via dalle mani uno degli elementi della tua produzione?
No. E ti spiego perché. Perché possono portaci via tutto, ma la nebbia è di chi la respira. Qua è dove siamo nati, dove viviamo ed è il posto dove noi siamo noi stessi. Sogniamo cose lontane ma è qua quello che siamo. Cash probabilmente se fosse nato a Londra non avrebbe scritto quelle cose lì. Su questa cosa non ci possono portare via un cazzo perché noi siamo questa roba qua, non ci fanno vedere il Po? Non c’è problema perché noi lo abbiamo dentro il cuore.
Leggiamo 2 novità nella presentazione dell’ep: un nome nuovo, ossia quello di Alex Janev e poi quello della PA74. Cosa mi dici?
Si, c’è stato un cambio di formazione. In realtà il Cilia (Edoardo. Ndr) è ancora con noi perché ci aiuta in tutto e per tutto ed è un po’ un braccio destro, però nella sua assenza musicale abbiamo dovuto trovare un sostituto. Allora è arrivato Alex. Lo conosceva già il Trive, a lui piaceva quello che facevamo, e abbiamo scoperte subito che era uno di noi. Noi siamo la continuità e lui è la novità, un batterista atipico che si sa sacrificare per la canzone.
È inevitabile e non si può negare che senza tutti quelli che sono passati prima, su tutti il Cilia e Andrea Ramacci a cui sono molto grato, non saremmo qua adesso perché quello è stato il quartetto che ha dato il via a tutto, anche perché la partenza effettiva è stata Lividi e lo c’erano. La partenza è stata quella e io sono contento che in qualche modo siano ancora con noi.
Per la Pa74 posso dire che ho conosciuto Alessandro Porcella quando ho fatto Ruins (l’altro progetto di Marco Costa. Ndr), abbiamo avuto modo di scambiare due parole e mi è piaciuto. Abbiamo parlato e nel parlare ci siamo trovati affini su molti punti. È un po’ come noi Fattore, non ci aspettiamo niente dalla vita e quello che viene viene, e lui è così.