Da un ipotetico dizionario di musica, sinonimi di Fabio Treves: Blues, Musica, Storia.
Non solo per anagrafe (il Puma di Lambrate nel 2019 ha spento 70 candeline) ma soprattutto perché la storia lui l’ha vissuta e soprattutto l’ha fatta e la sta ancora facendo. Lui insieme all’inseparabile armonica a bocca e il suo “fenderino”: il “bambino” che accudisce da 50 anni e che personalmente porta sul palco ad ogni concerto.
– Fabio, da che parte cominciamo questa intervista? Qui bisogna sintetizzare oltre 50 anni di matrimonio con il blues!
Posso cominciare da un ringraziamento importante a mio padre. Uomo innamorato della musica. Sul giradischi non mancava mai un disco di classica o jazz o fado portoghese e tanto altro. Con lui sono andato ai primi concerti fin dal ’63. Ho potuto vedere Ray Charles, Ella Fitzgerald, Muddy Waters. Ed è grazie a lui che mi sono innamorato di questo strumento così piccolo che è l’armonica. E’ lui che mi ha accompagnato nel ’65 al concerto degli Who dove ho visto per la prima volta suonarla. E Poi Radio Luxembourg tutto il giorno ad ascoltare pezzi nuovi, per poi andare a Londra e tornare con una valigia piena di nuovi dischi. E poi concerti e ancora concerti compresi quelli che han segnato la storia: Isola di White in primis (guardate le foto scattate da Fabio)
– …e un ragazzino di 16 anni circondato da balere e folk, come ha fatto negli anni ’60 ad innamorarsi del Blues?
Quello che mi piacerebbe far capire alle persone nei miei concerti, è che il blues è la musica di “sottofondo della vita“. Ed è per questo che non arriva mai nei primi posti delle classifiche ma neppure è quella che viene dimenticata, perché il blues sottende passione, stile di vita, riflessione, impegno, ed è per questo che ci sono tante rassegne blues in giro.
Alcuni ragazzi si stupiscono quando sentono il blues e dicono “ma questo giro è di quel chitarrista rock o metal o punk” Ma certo e dico loro: – come diceva Muddy Waters “Blues had a baby and they names rock and roll“- le radici di tantissima musica risiedono nel blues. Il Blues ha la capacità di far risuonare corde sensibili, non puoi rimanere indifferente davanti a questa musica.
Video:Treves Blues Band – “Blues Attack” – 70 in Blues Tour
– Quello che noto di te, e che osservo ad esempio nei Nomadi o in altri gruppi, è che, così come sei lontano dallo star system televisivo, tanto sei amato dalla gente dei concerti
Ti ringrazio di questa osservazione e ne vado fiero. Questo legame lo provo anch’io quando sono sul palco. E voglio essere sicuro che le persone che vengono ad ascoltarmi, percepiscano che su quel palco do tutto me stesso senza risparmiarmi.
– Non posso non chiederti di Frank Zappa. Sei stato l’unico italiano a suonare con lui. Com’è avvenuto il tutto?
Una questione di sguardi, di occhi che si incrociano e si capiscono e riconoscono la persona che ci sta dietro. Mi spiego. Nell’88 Claudio Trotta mi chiese di accompagnarlo a Monaco di Baviera per concordare le tappe di Zappa in Italia. Nel camerino me lo sono trovato davanti. Nessuna parola tra noi due, solo sguardi. Giorni dopo Zappa è a Milano per la presentazione dei concerti, mi chiama e mi dice: ” e se ti chiamassi sul palco a suonare?” e il bello è che mi ha chiesto di andare a suonare anche a Genova, non devo essere andato così male allora (ride).
– Da ultimo un riferimento al tuo compagno di avventure da diversi anni, quel talento che si chiama Alex “kid” Gariazzo
Nel mio piccolo posso dire di aver scoperto questo puro talento che sia chiama Alex Gariazzo. Kid lo era una volta (ride ancora). Lui ha una sensibilità innata. Può imbracciare con la stessa enfasi, lo stesso feeling, la chitarra elettrica, il dobro, la classica, la lap Steel, la baritono, ukulele e mandolino. E poi ha sposato il Fabio Treves pensiero. Entrambi ci sosteniamo e ci cediamo spazio perché il pubblico senta la passione e la bellezza del concerto.
– L’appuntamento è per sabato sera all’Athena!
Assolutamente. Quando mi ha contattato il gestore, lasciami dire, ho percepito una grande passione per quello che sta facendo. Merce rara oggigiorno.
(foto: Al Carroponte, giugno 2018)