Giovedì al Dubliners torna il nuovo format da poco inaugurato dal titolo “Che pacco il jazz”
Primo appuntamento in via San Siro del 2020 con il jazz: giovedì alle 23 arriva Florasia. La band è formata da Luca Ceribelli al Sax Tenore, Giuseppe Vitale alle Tastiere, Alfonso Donadio alla Batteria e Stefano Zambon al Contrabbasso.
Come sempre abbiamo posto anche a loro le 4 domande che mettiamo di fronte a tutti gli artisti che arrivano al Dubliners per “Che pacco il jazz”, oltre a chiedere una doverosa presentazione iniziale del progetto Florasia.
“Florasia è un progetto che nasce su idea del contrabbassista Stefano Zambon. Il repertorio del gruppo è composto prevalentemente da composizioni originali con l’aggiunta di alcuni brani di artisti jazz contemporanei. Il sound del quartetto infatti prende ispirazione dalla scena jazz newyorkese odierna, con anche groove ed influenze provenienti da altri generi musicali come l’hip-hop.”
“Che pacco il Jazz” è il nome ironico della rassegna, secondo voi il jazz è un genere d’elite un po’ radical chic oppure ha delle potenzialità per diventare apprezzato da fasce di pubblico sempre più ampio?
Personalmente, non credo che il jazz sia un genere d’élite, né tantomeno radical chic. Se si ritorna al periodo storico in cui il jazz è nato e si è sviluppato successivamente si può notare la sua ampia diffusione a livello popolare, e oggi come allora, almeno nella sua terra natale, rimane ancora apprezzato e seguito da un pubblico numeroso. In Italia forse la situazione è un attimo diversa e si, il jazz rimane senz’altro meno diffuso, ma ultimamente noto un certo fermento generale, sia nell’attività dei musicisti che nella risposta del pubblico, che fa ben sperare riguardo ad una maggiore diffusione e ad una migliore fruizione di questo genere.
Quali strategie bisognerebbe adottare per “sdoganarlo” definitivamente?
Dare sempre più spazio ad esibizioni live dove gli artisti possano presentare i propri progetti e la propria musica, portare sempre di più questo genere al pubblico ed educare quest’ultimo all’ascolto, anche tramite un’accurata selezione di qualità degli artisti che si vanno ad esibire nei luoghi più o meno importanti, in modo da creare sempre più interesse attorno a questa musica.
Free jazz, Swing, Fusion, Gipsy… sono tanti i tipi di jazz che sono stati sperimentati. Secondo voi in quale direzione sta andando questo genere musicale?
Nella società di oggi la “distanza” tra le varie parti del mondo è sempre minore, e grazie allo sviluppo, alla globalizzazione e ad internet in primis, abbiamo la possibilità di entrare in contatto con realtà e culture molto distanti da noi, altrimenti difficilmente raggiungibili. Questo fenomeno in musica, ed in particolare in un genere così aperto alle influenze stilistiche come il jazz, si traduce con l’eliminazione sempre più evidente delle barriere e diversità tra i diversi generi musicali, che quindi confluiscono più facilmente nella musica che l’artista compone e/o esegue. Personalmente quindi penso che il jazz di oggi sia caratterizzato dalla sua immancabile componente improvvisativa, ma che musicalmente si presenti in forme sempre più eterogenee che risentono anche delle influenze di generi musicali, elevati e non, più moderni o addirittura contemporanei, e trovo che questo sia fantastico e molto stimolante.
Jazz dal vivo: ci sono tanti festival importanti in Italia e uno anche a Piacenza: il Jazz dovrebbe essere appannaggio esclusivo dei festival oppure tornare ad essere, come all’origine è stato, la musica dei bistrot, dei pub, di luoghi più popolari? Perché?
L’Italia, in proporzione alle sue dimensioni, è un paese con un elevatissimo numero di jazz festival. Tuttavia la realtà del jazz club o in generale del locale dove si può suonare musica dal vivo è importante che resista e anzi cresca, poiché rappresenta per il musicista, più o meno affermato, una vera e propria opportunità per portare al di fuori la propria musica, e per il pubblico l’occasione di assistere costantemente e in maniera meno dispendiosa ad esibizioni live. Il locale rappresenta quindi una prima dimensione in cui musicista e pubblico entrano in stretto contatto e in cui quindi inevitabilmente, avviene un diretto scambio di informazioni, sensazioni ed emozioni tra le due parti.