Elfo Studio | Un 18esimo compleanno nelle parole di Alberto Callegari

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Elfo Studio - Alberto Calle Callegari

L’Elfo Studio di Tavernago diventa maggiorenne. Ecco l’intervista ad Alberto Callegari

Uno dei posti di riferimento della musica piacentina diventa maggiorenne, infatti 18 anni fa in quel di Tavernago, nasceva l’Elfo Studio. Un luogo che tantissimi artisti piacentini hanno imparato a conoscere e che per molti è diventato un posto imprescindibile per far crescere le proprie produzioni.

E come potevamo non intervistare il “Signor Elfo Studio”, Alberto Callegari? E allora ecco le sue parole in risposta alle nostre domande.

Elfo diventa maggiorenne! Intanto auguri, ma poi, che anni sono stati questi per arrivare alla maggiore età?

Ciao Lorenzo e ciao a tutti gli amici di Piacenza Music Pride. Grazie! porterò gli auguri all’Elfo! 18 anni non sono pochi… Sono stati anni meravigliosi dal punto di vista artistico, di crescita, di condivisione di esperienze, ma, di pari passo alla situazione socio-economica globale, sono stati anche anni molto duri e difficilotti.

L’Elfo apre i battenti nella sede di Tavernago a metà novembre del 2002, più o meno all’inizio della crisi discografica (sigh!) e comunque nel periodo di lenta rivoluzione epocale che ci ha traghettato dalla fine dagli anni ’90 fino a oggi. Diciamo quindi che è stato come passare dalla pubertà, dove tutto è più spensierato, leggero, all’adolescenza dove devi iniziare a prendere consapevolezza delle responsabilità.

Elfo Studio - John Geaves
John Greaves a Elfo Studio (qua live con Barbazza e Capra Vaccina)

Per chi non conosce gli albori di Elfo Studio, uno dei luoghi sacri della musica piacentina, come è nato tutto questo?

L’Elfo di Tavernago nasce dall’esperienza dell’Elfo di Agazzano, nato per hobby nell’ancora più lontano 1992 nel garage di casa. Hobby divenuto professione, o ancor meglio missione! (ahahah!) non nel senso che faccio molto bene questo mestiere, ma nel senso che qualsiasi altra cosa l’avrei fatta peggio.

Hai mai fatto un calcolo di quanti artisti e di quante produzioni sono passate da Tavernago?

Onestamente non l’ho mai fatto. A volte capita di spulciare negli archivi per riesumare lavori del passato e stupirmi di quanti progetti siano passati per di qua. Ogni progetto ha legato a sé un’immagine di un determinato periodo, una sorta di macchina del tempo.

Se si può scegliere tra le tante, quel è stata la soddisfazione più grande di questi anni?

Immagino che dovrei fare dei nomi ma non è mai bello stilare classifiche… ovvio che lavorare con personaggi “famosi” porta soddisfazione. Più che altro perché hanno tanto da insegnare, per la loro esperienza, dedizione e stile di vita. Non è tanto il loro essere famosi che rende orgogliosi, ma è il sapere che questi artisti hanno lavorato con professionisti del settore discografico mondiale. Vedere che si sentono a loro agio con me e con la struttura dell’Elfo, è una specie di test di verifica. Un certificato di garanzia, un esame di maturità, ecco.

Elfo Studio - Alberto Callegari
Alberto Callegari e Elfo Studio in bianco e nero

Per dire, se un Daniel Lanois (sconosciuto ai più, ma è stato il produttore degli U2 anni ’80/90, Peter Gabriel, Bob Dylan (!!!) etc…), o un Greg Lake (pignolissimo!) che ha venduto milioni di dischi a livello planetario con gli ELP o un Boris Williams (batterista dei Cure), etc… se loro sono soddisfatti del lavoro o meglio ancora, si stanno divertendo, è prima di tutto una rassicurazione che la strada percorsa fin qua sia stata quella giusta.

Comunque la soddisfazione non è solo nelle conferme dei professionisti. Mi è sempre piaciuto il lato più primordiale del registrare artisti alle prime armi. Vedere il loro stupore nell’assistere alla magia della loro musica che prende forma è forse una delle energie rinnovabili più efficaci per tenere in moto la macchina dell’entusiasmo.

Elfo Studio - Eugenio Finardi
Eugenio Finardi all’Elfo

Provando a fare un paragone, come è cambiato in questi (quasi) 20 anni il mondo della musica vista dall’ottica di chi la registra e la perfeziona?

Guarda, ti farò un esempio. Tempo fa ho riascoltato per caso un brano di un’artista che nella metà degli anni ’90 aveva realizzato un album ritenuto, per i parametri dell’epoca, perfetto. All’epoca l’avrò ascoltato mille volte e davvero lo ritenevo perfetto. Ascoltato 26 anni dopo mi sono detto: ma davvero era così impreciso? come intonazione, timing degli strumenti, etc… Chiaro che ad essere cambiata è l’abitudine all’ascolto. Oggi tutto è clinicamente perfetto perché la tecnologia lo permette.  È meglio? è peggio? è nato prima l’uovo? I soliti dilemmi che non avranno mai una risposta definitiva.

Questo 2020 è stato un anno disastroso per tante cose, compresa la musica. Nonostante tutto il brutto che abbiamo davanti, che cosa ci possono insegnare questi ultimi mesi?

Eh, vorrei trovare uno spunto per previsioni di speranza in stile Disney, ma non sarei credibile. In questi mesi abbiamo visto e capito che l’arte non viene considerata un bene prezioso da chi dovrebbe sostenerla. Di conseguenza tutto l’indotto di “impreziosimento” deve reinventarsi per difendere la propria missione. Ok, se vogliamo trovare un lato positivo potremmo augurarci l’arrivo di novità come lo furono le controculture di risposta alle crisi del secondo dopoguerra, ma la democrazia tecnologica che imperversa oggi non aiuta di certo a sostentare chi nell’arte ha investito la propria vita per garantire qualità di contenuti. Ho risposto volutamente in modo un po’ complicato per sintetizzare ed evitare di accendere polemiche.

Tante volte si parla di musica in relazioni ai ragazzi più giovani. Tu che hai visto passare davanti ai microfoni dell’Elfo decine di musicisti, come vedi i giovani che passano da te?

Ecco, questo sì, è un ottimo lancio per un lieto fine. Le decine di centinaia di ragazzi che ho visto passare in studio avevano tutti quella sana scintilla negli occhi di chi ha trovato nella musica una sorta di “isola che non c’è” personale, che gli permette di comunicare, prima ancora che con gli altri, con se stessi. Sembra banale ma è fondamentale.

I giovani di oggi forse hanno questa scintilla ancora più accesa. È vero che parlano un linguaggio che non è il mio, che non mi appartiene per ovvie ragioni di età ed esperienze vissute. Però è carichissimo di entusiasmo e voglia di ricostruirsi quel mondo che gli abbiamo fatto trovare pronto a nostra immagine. La nostra, non la loro. Giusto o sbagliato, mi piace o non mi piace, non sta a me pontificare. La magia della musica appartiene al Peter Pan di turno che meglio sa modellarla e divulgarla.

Summertime In Jazz