Non nascono per caso certi traguardi. La Fondazione Teatri, con la sua direttrice artistica Cristina Ferrari, ha seminato in questi anni importanti semi che stanno dando frutti per noi di Piacenza, un tempo solo sperati ma che ora sono realtà. Fra questi anche il riconoscimento a livello nazionale anche in termini di visibilità. L’opera lirica “La Gioconda” in programma questo fine settimana, verrà trasmessa su RAI 5 RAI Radio 3.
L’allestimento dell’opera è nato proprio a Piacenza ed è una co-produzione del nostro teatro con quelli di Reggio Emilia e Modena. In questa sinergia il nostro teatro gioca un ruolo decisamente importante che lo sta portando ai vertici non solo nazionali ma anche europei in termini di credibilità e approvazione.
La produzione de “La Gioconda” è stata voluta nell’anno del centenario (1918-2018) della scomparsa del librettista Arrigo Boito e segue il percorso intrapreso dal nostro teatro, della riscoperta di opere lasciate un po’ nel cassetto come nel caso de “la Wally” della scorsa stagione.
La direzione musicale è affidata alla bacchetta esperta di Daniele Callegari, apprezzato interprete del grande repertorio operistico, alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna, del Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati e delle voci bianche del Coro Farnesiano piacentino guidato da Mario Pigazzini. Impegnato un cast d’eccellenza, con il celebre Francesco Meli, attualmente il numero uno dei tenori italiani acclamato nei maggiori teatri internazionali, che ha scelto il palcoscenico del Municipale per l’importante debutto nel ruolo di Enzo Grimaldo, e Saioa Hernández che si è distinta recentemente nel panorama operistico internazionale come interessante soprano lirico spinto, già accolta con grande successo da pubblico e critica nella produzione de La Wally e anch’essa al debutto nel ruolo del titolo. Al loro fianco cantanti di grande valore quali Sebastian Catana (Barnaba), uno dei più convincenti baritoni della sua generazione, il celebre basso Giacomo Prestia (Alvise Badoero), il mezzosoprano piacentino d’adozione e di casa nei più importanti teatri Anna Maria Chiuri (Laura Adorno), il giovane contralto Agostina Smimmero (La Cieca), Graziano Dallavalle (Zuàne), Nicolò Donini (Un cantore), Lorenzo Izzo (Isèpo) e Simone Tansini (Un pilota, Barnabotto). La nota Danza delle Ore del terzo atto sarà interpretata dai danzatori della compagnia Artemis/Danza con le coreografie di Monica Casadei.
A firmare l’opera Federico Bertolani, regista dall’ampio background multidisciplinare, già applaudito dal pubblico del Municipale nel 2016 con Il Turco in Italia, che sceglie per l’ambientazione de La Gioconda una Venezia riflessa nell’inquietudine delle acque lagunari: «Bene fanno Ponchielli e Boito a trasferire la vicenda dalla terrena Padova di Victor Hugo alla più fluida e acquatica Venezia. – spiega nelle note di regia – Il portico della Carta, il Leone di San Marco e la Ca’ d’Oro sono lì a rappresentare il potere, lo stato sociale e la religione ma a noi piace spingere lo sguardo nella loro immagine riflessa nelle acque della Laguna, dove appaiono distorti, mobili e cangianti».
Un’acqua che con il procedere della vicenda cresce e invade lo spazio scenico realizzato da Andrea Belli e illuminato dalle luci di Fiammetta Baldiserri, mentre i personaggi vestono i costumi di Valeria Donata Bettella: «Filo rosso di tutta quest’intricata vicenda è la protagonista, o meglio la trasformazione che il suo animo vive in relazione agli eventi che velocemente danno vita alla trama – spiega Bertolani – Alla fine non ci sono più razionalità, legge o ordine sociale: l’acqua ha preso il sopravvento». Il tragico destino della cantatrice, uscito dalla penna di Arrigo Boito che avrebbe scelto di comparire con il nom de plume Tobia Gorrio, è compiuto. Nonostante una genesi travagliata e la collaborazione a tratti difficile tra Boito e Ponchielli, La Gioconda venne salutata dal successo sia alla prima rappresentazione alla Scala nel 1876 sia nelle successive versioni, fino a quella definitiva quattro anni dopo.
Le foto sono di Roberto Ricci