Arriva Another Planet dei The Ferrets. Il primo Lp fra rabbia, disagio e passione

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Avevamo in cantiere questa intervista già da un po’ di tempo e oggi siamo già qua a presentarvi tutto il primo album, intero, dei The Ferrets. Il titolo è Another Planet e ce lo siamo fatti raccontare, prima dell’uscita ufficiale di sabato che cadrà in contemporanea con il live all’Arci Taun di Fidenza, da Alex, Corrado e Gevi. Ecco cosa è uscito dalla chiacchierata.

Finalmente è ecco Another Planet! Un album che arriva ormai da lontano sia in termini temporali che geografici!

Si perché è stato registrato e mixato a marzo al T.U.P. Studio di Brescia da Brown Barcella e Alessio Lonati, e anche perché il master è stato fatto da Justin Perkins al Mystery Room Mastering di Milwaukee nel Wisconsin.

Come siete arrivati in contatto con queste due realtà?

Per quanto riguarda il T.U.P. Studio, semplicemente abbiamo cercato un po’ in giro un posto fuori Piacenza dove registrare. È bastata una mail. Loro ci hanno risposto subito, noi nel frattempo abbiamo visto che stavano lavorando con loro tante altre realtà della scena punk italiana come ad esempio i Peawees e questo ci aveva già convinti, poi parlando con loro al telefono abbiamo subito avuto un ottimo approccio ed infatti è stata una bella esperienza. Per Quanto riguarda il master, sono stati proprio i ragazzi di T.U.P. Studio a parlarci di Justin Perkins. Noi ci siamo informati e abbiamo dato l’ok.

Come è andato il lavoro di registrazione?

Veloce e intenso. Otto ore per tre gironi. Un lavoro in tutti i sensi. È stato davvero molto bello perché la hanno uno studio analogico e registrano tutto con metodi “vecchi”, con le bobine. Abbiamo anche registrato in presa in diretta e questo ha reso il prodotto molto più vivo rispetto al precedente lavoro. Lo si sente da subito più energico rispetto ad un album registrato con tracce separate. Poi durante registrazioni del genere ci finiscono dentro anche cose un po’ strane, come i cori di Corrado che sembravano arrivare dall’oltretomba, ma ci stavano bene anche quelli (in uno di quei cori c’è finita dentro anche quella parola che inizia per “Fi” e finisce in “ga”, ma non hanno detto esattamente dove. Ndr). Anche sotto l’aspetto umano come approccio è stato dei migliori, anche perché come età più o meno eravamo li. Tuttora ci sentiamo e ridiamo ancora di quello che è successo.

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Un lavoro velocissimo!

Si, ci abbiamo messo molto poco ma per il semplice fatto che siamo arrivati in sala di registrazione dopo sei mesi chiusi in sala prove. Noi sapevamo già che comunque là il tempo sarebbe stato limitato e che comunque volevamo arrivarci con le canzoni già studiate al meglio. Questo nonostante il fatto che il cambiamento da prima a dopo del nostro modo di suonare, rispetto soltanto a poco più di un anno fa, è stato totale, una vera e propria evoluzione.

Quando è arrivato questo cambiamento e di conseguenza Another Planet?

Tutto, compreso l’idea di fare un prodotto musicale intero, è arrivato dopo Tendenze. Era ora di fare cose nuove. Alcuni pezzi era già abbozzati dal vivo, come uno portato live a Spazio4. Quella volta in effetti non era in programma, è che avevamo finito i pezzi, ci hanno chiesto di continuare e abbiamo fatto questo ancora work in progress, ed è andato bene. Oltre a quelli di cui avevamo già qualcosa, dopo quel periodo abbiamo cominciato a lavorare appunto per trovare qualcosa di nuovo.

I brani come sono arrivati?

Tutti in successione. Avevamo reef nuovi che arrivavano in sala prova e li crescevano subito, ma anche altri improvvisati, su cui aggiungevamo cose che ci sembrava suonassero bene e che allora decidevamo di mettere a posto. Così sono arrivate tutte le tracce che formano l’album. Solo una è arrivata in un modo e poi è cambiata completamente durante la lavorazione, per il resto è stato un lavoro soprattutto di incrementazione sulla prima idea.

Quando vi siete accorti che era in atto un cambiamento nella vostra musica?

Alex: Nel momento in cui i pezzi prendevano vita. Questo è anche e ovviamente frutto della maggior sintonia che c’era con Corrado rispetto ai mesi prima quando era arrivato a suonare con noi praticamente partendo da 0, ma anche nel modo di scrivere completamente diverso da quello che avevamo prima.
Nel nuovo disco siamo noi. Nel nostro primo lavoro eravamo sempre noi, ma con qualcosa da sistemare. Eravamo troppo freschi e non c’era la giusta sinergia. Stavolta invece siamo arrivati a registrare in modo diverso, non si può dire con tranquillità, ma eravamo proprio diversi.

Da cosa prende il nome il vostro Another Planet?

Dal sentirsi sempre un po’ diversi da tutto e da tutti, e perciò è come essere su un altro pianeta. Poi anche per descrivere quella situazione in cui vedi o senti una ragazza e ti senti su un altro pianeta, ti senti trasportato da un’altra parte. Come quando sei totalmente preso da una persona. Un disagio amoroso che rispecchia un po’ la situazione di tutti noi (poi per gli ultimi sviluppi, potete contattarli in privati. Ndr). Sembra una smielata ma invece ha un bel tiro, con tanti pezzi allegri dove però c’è anche dell’incazzatura, come in “Cynical”, dove si parla di una ragazza cinica e bastarda che però allo stesso tempo fa tanta rabbia ma fa anche impazzire.

Che influenze ci sono dietro l’album?

Le influenze sono tante, perché comunque c’è un bagaglio ampio dietro a quello che suoniamo. Ovviamente ognuno prende un po’ dai propri idoli, dai Ramones fino al punk anni ’90, ma con un nostro impatto. Non è solamente un discorso di influenze, ma soprattutto al come renderle nostre.

Non vogliamo citare l’etichetta?

Certo, la Monster Zero Records. Un’etichetta austriaca per la quale lavorano un botto di band punk rock. Gli abbiamo fatto ascoltare i nostri pezzi, sono piaciuti ed in poco tempo facevamo parte della famiglia. Per noi è stato davvero importante avere a che fare con una etichetta che lavora soprattutto con gli under 30 e principalmente nel nostro genere. 

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