Dentro a “Zeno”. Intervista agli Zebra Fink e al loro nuovo album

451

Finalmente, a poche ore dal primo vero lancio ufficiale in terra piacentina con il live di venerdì sera al Baciccia, parliamo dell’ultima creatura degli Zebra Fink che si chiama Zeno.

L’album è uscito ufficialmente il 24 novembre, per qualche settimana è partito in sordina, soprattutto portato in giro fuori Piacenza, poi una prima parziale passerella al Prosit per Natale, e adesso arriva il primo vero live per presentarlo integralmente.

Le tracce sono 9 e si mischiano fra alcune che ormai da tempo abbiamo trovato nelle scalette degli Zebra Fink e altre che invece hanno visto la luce con l’uscita ufficiale dell’album. Gli Zebra li conosciamo. Sono maturati col tempo da L’era del porno amatoriale, su diversi aspetti, in particolare sul loro suono, sia come singoli che come insieme, ma anche sull’idea più generale del progetto Zebra Fink.

Detto tutto ciò, si poteva non fare un salto “all’asilo” di Gragnano? No, non si poteva. E allora ecco l’intervista parto della chiacchierata con Alberto Zucconi e Marco Cuse Cusenza (in rappresentanza anche di Fede Merli e Giulio Armanetti, ovviamente!).

Dopo 4 anni, ecco Zeno!

Eh già, fra una cosa e l’altra sono già passati 4 anni da “L’era del porno”. Quatto anni in cui ognuno della band ha avuto un suo percorso diverso, forse è questo che ha reso completamente diverso Zeno dall’album che lo ha preceduto.

Un album nato fra alti e bassi come gruppo ma anche dei singoli…

Ognuno di noi, compreso anche chi c’era nel gruppo e adesso non c’è più, ha avuto fasi alterne nella propria vita, sia musicalmente che personalmente e anche la band ne ha risentito. Eravamo arrivati ad un punto che, anche in mezzo ad altri progetti artistici che portavamo avanti parallelamente, dopo un anno e mezzo in giro con L’era del porno, non sapevamo bene che cosa era meglio fare. Poi qualcosa è cambiato, è arrivato Fede Merli a ricompletare l’organico con noi e Giulio, e abbiamo ricominciato a pensare che si potevano ancora fare delle belle cose insieme. Dopo poco, con un po’ di materiale che avevamo già in tasca, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti “dai, facciamo un altro album”.

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”7964″,”attributes”:{“alt”:”Il live a Il Maltese (che ringraziamo per la foto)”,”class”:”media-image”,”height”:”320″,”title”:”Il live a Il Maltese (che ringraziamo per la foto)”,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”480″}}]]

E l’album è arrivato. Ma quanto diverso dal primo?

Tanto perché è molto più intimo. L’era del porno amatoriale era molto più facilone, era un album che da noi andava verso il fuori, questo invece è una implosione. I pezzi per noi sono molto belli, siamo molto contenti soprattutto di essere riusciti a lavorare insieme, lo stile varia ed è diverso perché le canzoni ce le siamo in pratica divise noi due. Poi il lavoro di arrangiamento e “filtraggio” è stato in gran parte ad opera di Fede Merli, e poi la super produzione di Cristiano Sanzeri.

Stavolta c’è stato anche un gran lavoro “attorno” al disco…

Abbiamo voluto evitare la home edition, potevamo farlo in casa, invece l’appoggio dell’etichetta (Orzorock Music) nella fase di pre e post produzione, è stato centrale. Questo ha comportato la scelta decisa di farlo produrre da Cristiano Sanzeri, siamo arrivati al punto di dirci “O lo facciamo con lui o non lo facciamo. Ci piace molto come lavora e negli anni è anche nato un rapporto di amicizia. Lui è già bravo di suo, poi il nostro genere, il rock italiano, è proprio la sua materia. Ha tirato fuori il massimo dai pezzi con un lavoro veramente notevole “sconvolgendo” tutto il lavoro. Anche l’etichetta è stata molta contenta di questa scelta e del lavoro in generale, e questo ci fa solo piacere perché se avevamo l’opportunità di provare e suonare come e quando volevamo, è merito loro.

Un album che segna anche il vostro cambiamento come persone…

Rispetto a prima abbiamo approfondito il discorso. Dall’esibizionismo del periodo dell’essere o dover essere superfighi (non che adesso sia molto diverso attorno a noi), siamo passati ad una parte in cui si vede dentro di noi, cosa c’è sotto la maschera. Poi come detto prima, Zeno viene anche da un periodo in cui abbiamo avuto diverse difficoltà personali, perciò c’era anche abbastanza roba da buttare fuori. È stato un bello sfogo per noi creare questo disco. Non è sicuramente un disco inclusivo, fatto per tutti, ma doveva essere un po’ per noi e per chi ascolta le cose che piacciono a noi.

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”7963″,”attributes”:{“alt”:”L’album in streaming su Rock.it”,”class”:”media-image”,”height”:”387″,”style”:”margin-left: 30px; margin-right: 30px;”,”title”:”L’album in streaming su Rock.it”,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”387″}}]]

Nove pezzi (che potete ascoltare in streaming cliccando sull’immagine sopra) in cui si possono trovare molti riferimenti, ma anche pochi!

La cosa è un po’ particolare, alcuni ci sentono dentro i Ministri, altri i Placebo o gli Afterhours. Noi sinceramente non ci abbiamo pensato più di tanto. Non abbiamo avuto influenze tali, nel comporre Zeno, da indirizzarlo verso un suono o verso l’altro. Qua esce qualcosa che non abbiamo forzato per buttare fuori. Ci sono cose molto essenziali ma con le idee chiare. Anche perché ad esempio la batteria del Fede, come il basso di Giulio, presi singolarmente, non c’entrano molto con quello che c’è nell’album, però vanno a completare il tutto anche perché il denominatore comune è sempre il rock, senza post-prog-indie e cosa varie, il rock fino ad anni 2000.

E sabato al Baciccia!

Torniamo a Piacenza dopo alcune date che potevano essere considerate di assestamento tra il Prosit a San Nicolò e “fuori casa” al Bar Dante e al Maltese. Erano date anche per capire se avevamo perso un po’ di smalto e sembra che non sia così. Adesso ripartiamo da sabato e continuiamo almeno fino a fine anno a portarlo in giro, anche perché il bello sta proprio nell’andare a suonare fuori da uno studio. E vediamo cosa succede.

Summertime In Jazz