Una nuova realtà nel mondo rap e hip-hop: Alastor Records

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Torniamo con piacere a parlare di hip hop e rap, e questa volta la scusa ce la offre una nuova etichetta che da poco si è mostrata al pubblico e ha cominciato a lavorare a pieno regime. L’etichetta in questione è la Alastor Records, ideata e creata da Dario Piccio Russo. Ecco cosa è venuto fuori dalla nostra intervista.

Piccio, spiegaci cosa vuole essere Alastor Records

Alastor Records si vuole proporre come un’etichetta indipendente, anzi assolutamente indipendente, che produce artisti hip hop. E quando parlo di produzione intendo un lavoro che parta da un’idea per arrivare ad un prodotto finito.

Da dove sei partito?

Il punto di partenza è stata una mia idea di circa un anno fa quando da produttore della 7percento avevo pensato di gestire un intero lavoro musicale dall’inizio alla fine. Da lì ho cominciato ad investire su questa idea che nel tempo è diventato un progetto.

Ci tenevi già dall’inizio a sottolineare il concetto centrale del “dall’inizio alla fine” …

Si perché è questo che è più difficile ottenere e trovare in giro ma che però è quello che un artista, almeno in teoria, dovrebbe volere. Il mio obiettivo è quello di fare tutto quello che concerne la produzione di un disco.

Un lavoro che ormai va ben oltre la parte puramente discografica, giusto?

Ovviamente quella è al centro, dalla scelta della strumentale ad un aiuto nella stesura dei tesi se è necessario, fino alla produzione a 360°. Per questa parte, il cuore di un lavoro, ci appoggiamo al Tabaki Studio di Marco Prez Premoli. Ma come dicevo, al giorno d’oggi bisogna andare oltre, per questo lavoriamo con la Dirty Money che fa abbigliamento e che come parte grafica seguirà il “vestito” delle nostre produzioni, cosa che sta già facendo con l’album di Broken Fiorda. Ci occupiamo anche della parte video grazie alla collaborazione con Nicola Corradino e ovviamente il lato social di cui se ne occuperà Davide Ravera. Ci avevano proposto anche di fare un’assicurazione per gli artisti, ma ovviamente abbiamo detto di no perché porta sfiga.

Tutto questo lavoro perché tante volte le idee ci sono ma i mezzi invece scarseggiano…

Spesso ci sono ragazzi con un grande potenziale ma che non trovano gli strumenti per fare quello che vogliono. In particolare modo spesso manca una persona che segue un nuovo artista sulla costruzione di un album ma anche su come trovare i contatti giusti per vendere il proprio materiale. Un disco buono deve andare a toccare le persone giuste, seguire il mercato. Sapere dove vendere i dischi. Avere un’etichetta che fa il grosso del lavoro, nei tempi e modi giusti, è fondamentale.

Prima mi hai fatto un nome, quello di Broken Fiorda. Oltre a lui ci può svelare che cosa c’è in cantiere?

Bè, ormai il primo nome l’ho fatto. Il secondo che posso fare è quello dei Klondike, ossia Millo T, Mucci Bravo e Nic Lo Schiaffo. Se per i secondi il lavoro è ancora agli inizi, per Broken Fiorda i pezzi ci sono già tutti, non manca molto.

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Cosa dobbiamo aspettarci da queste prime produzioni?

Per quanto riguarda Broken Fiorda, ne uscirà un suono molto new age, molto trap, staccandosi da quello che faceva nelle passate produzioni. Invece i Klondike sono difficili da raccontare, intanto perché per adesso ci sono solo gli scheletri dei pezzi, ma anche perché il loro stile spazia a 360°. Sicuramente dentro troveremo molto funky.

Proprio sullo stile, quale impronta vuoi dare al lavoro della Alastor Records?

Io cerco un classico “old School”, ma nel 2016 non può essere solo così. Infatti cercheremo anche i suoni della nuova scuola, quelli trap, in particolar modo con il lavoro di Agostino Amoroso. Anche se poi, come detto per il lavoro dei Klondike, si toccherà il funky o comunque i suoni che sono alla base della tradizione hip hop.

Come ti poni con il panorama hip hop piacentino?

Sicuramente da noi la situazione è abbastanza frastagliata, ma quando produco un artista non sto giocando, investo soldi e perciò devo cercare chi ha più possibilità di fare qualcosa di buono. Da quando abbiamo iniziato sono arrivate già 40 richieste per essere prodotti, ma per adesso non abbiamo abbastanza forze e dobbiamo scegliere. A Piacenza, purtroppo, non è tutto così producibile e vendibile, di conseguenza quando punto su qualcuno, mi aspetto che si distacchi da quella parte del mondo hip hop che si fa la guerra. Quando sei sotto etichetta, fai musica “pagata”, e di conseguenza ti devi saper staccare dalle cose più underground.

Da produttore, come vedi la nostra scena?

A Piacenza ci sono molti ragazzi, spesso molto giovani, che provano a fare musica, ma hanno poco spazio. Si sentono sempre i soliti nomi. Il ricambio generazionale c’è ma a volte non si vede. Qualche problema c’è nel nostro panorama hip hop, ed è anche su questo che noi vogliamo lavorare. In giro ci sono troppi lavori fini a sé stessi, magari tanti video ma non un prodotto che si può comprare, un prodotto completo insomma. Noi puntiamo a fare un salto oltre, non accontentarci del video da mettere su Youtube per fare un po’ di visualizzazioni, ma avere qualcosa di intero da vendere ad un concerto.

Proprio questo sembra un grosso limite: le visualizzazioni sono più importanti dei progetti o dei live…

Io nasco da un suono molto underground, dove il microfono lo prendi in mano sul palco, e solo dopo arriva il disco e la registrazione. L’obiettivo, quando io mi affacciavo a questo mondo, era quello di riempire sotto il palco. Però adesso è già diverso e anche io se mi dicono “farai 2 milioni di visualizzazioni”, firmo subito. Oggi è così, valgono più i like dei live.

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Quale pensi sia il tuo mercato di riferimento? E a livello territoriale?

Sicuramente per quello che abbiamo in mano adesso, Broken punterà ai ventenni, anche perché in Italia adesso va il trap dai 15 a i 20 anni, per fare un esempio penso subito a Sfera Ebbasta. Per i klondike invece, che sono al secondo lavoro e hanno già una base loro, si punterà ad un mercato più aperto e largo perché è una musica, la loro, che può arrivare a tutti. Per quanto riguarda la territorialità mi piacerebbe partire forte a Piacenza, essere riconoscibili e quando si parla di rap e all’hip hop li si riconduca a noi. Ovviamente Piacenza deve essere un punto di partenza.  

Perciò il prossimo step è oltre Piacenza?

Non posso ancora svelare niente, ma posso dire che verso Lodi c’è qualche artista che ci interessa molto… (risatina. Ndr). Ma oltre al lato scrittura e voce, stiamo lavorando anche su chi produce beat, stiamo contattando alcuni produttori conosciuti a livello nazionale per dare più visibilità agli artisti ma anche per dare un’esperienza professionale nuova. Insomma, un po’ di cose in pentola ci sono.. !

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