Ecco gli ETA
Nuova Intervista di Amerigo Idra
DALLA TRAP ALL’INFERNO
“La vincente ascesa degli ETA”
“Solo immaginazione, pensi nella mente…
Solo un sogno non è niente…”
Due novembre – ETA
Era settembre del 2020 la prima volta che le mie orecchie sentirono quella voce… Quella voce così profonda ed evocativa…
Il cielo si era vestito di nero e il primo freddo iniziava a baciarmi il collo, ma comunque le sue labbra non mi spaventavano e appoggiato al muro della sala prove accesi una sigaretta rovinata dal tempo che tenevo tra la piega della cuffia, godendomi a pieni polmoni quel suo dolce veleno.
Le prove erano finite ed io stavo approfittando di questo attimo di solitudine per godermi il respiro della notte, ad un certo punto esce il batterista con cui stavo collaborando in quel periodo, il Lodi.
Iniziammo a parlare del sonno fottuto che avevamo e del disco che avrei dovuto portare a termine, ma sulla parola disco lui mi interruppe, tirò fuori il telefono e mi fece sentire delle registrazioni del’92 dicendomi che quello era il nuovo progetto musicale a cui stava lavorando.
Mi disse che un suo amico di vecchia data lo aveva contattato per chiedere a lui e ad alcuni componenti della sua attuale band se volevano aiutarlo a portare a termine il suo sogno, ovvero registrare quelle canzoni.
Appena quella fottuta voce iniziò a parlarmi rimasi folgorato e scaraventato con forza in un abisso profondo…
I mesi successivi passarono lenti tra lockdown e fughe di mezzanotte solo per riuscire a sentire l’odore dell’autunno, ma quella voce! Continuava a chiamarmi dal buio più profondo…
Sentivo la paura nelle gambe, ma con un ghigno strafottente la mia mente continuava ad andare verso l’abisso… Verso i miei ricordi più intimi e nascosti nella memoria…
A metà strada verso l’inferno mi squillò il telefono, era il mio amico Lodi che mi diceva se mi ricordavo di quel progetto che mi fece sentire a settembre…
Cazzo, io mi ricordavo eccome!
Mi disse, “Amerigo stiamo registrando…”
Ricordo solo che dopo quella telefonata continuai a camminare sempre più veloce…
Senza paura… Senza speranze… Verso quel vero inferno che è la vita…
Loro sono gli ETA e il loro album d’esordio“ E qualcosa rimane” è finalmente fuori.
. . .
Ciao ragazzi, ci tenevo ad intervistarvi tutti insieme perché tutti insieme con il vostro disco mi avete aperto la faccia.
Dai iniziamo, chi di voi mi parla del progetto ETA…?
Da dove nasce quello che fate e perché lo fate?
Credo che il perché sia molto importante, in quanto la motivazione è una parte fondamentale della creazione artistica…
GIAN: per rispondere alla domanda devo fare un salto nel 1992, anno in cui io e Andrea ci siamo conosciuti e subito siamo entrati in sintonia.
L’anno dopo, in un pomeriggio d’estate ci ritrovammo, senza volerlo, a comporre una canzone; da quel momento, per alcuni anni a venire, abbiamo continuato a scrivere canzoni nostre. Abbiamo archiviato questa nostra attività compositrice ma mai la nostra amicizia.
E così, nel 2019, gli chiesi di riesumare alcune delle nostre vecchie canzoni e di inciderle su album, visto che ora avevamo le possibilità economiche e che con la tecnologia era possibile farlo anche in studio senza strumentisti. Poi ho chiesto ad un caro amico, un batterista che suona in una cover band, se aveva voglia, assieme a basso e chitarra, di provare a mettere a posto alcune canzoni.
Così ci trovammo una sera di ottobre. Da quel momento, quasi senza accorgersene, è partito il progetto “ETA”.
L’incisione dell’album sarebbe stata la ciliegina sulla torta della nostra amicizia e di tutte quelle ore, diurne e notturne, passate su di un foglio di carta a scrivere o a suonare la chitarra.
Inizialmente ci bastava questo, consacrare la nostra amicizia con un nostro CD ma, per ogni azione, c’è una conseguenza…
Il CD è pronto ma non è finita qui… Direi che il divertimento e l’appagamento di costruire, di confrontarci, di condividere e di partecipare assieme ad un progetto comune sia il vento che sospinge la barca ETA…
Il vostro primo album a mio parere è un piccolo gioiello dentro un mare di merda e credo che quello che lo rende così speciale sia la sincerità con la quale lo avete partorito…
GIAN: «E qualcosa rimane» è un progetto “celebrativo” nato senza troppe pretese. Musica e testi hanno quasi trent’anni per cui abbiamo vagliato quelle canzoni in grado di mandare un messaggio. Il titolo dell’album nasce proprio da questo; di quei giorni nei primi anni novanti passati a scrivere e a cantare, al posto di studiare, effettivamente qualcosa è rimasto…
Assolutamente si, qualcosa è rimasto.
Ascoltando le vostre canzoni e in particolare concentrandomi con attenzione sui testi riesco a rivivere alcuni momenti del mio vissuto e mi rievocano immagini strettamente personali.
Riescono, scavando violentemente ad arrivare alla parte più buia di me stesso che volutamente nascondo agli occhi della gente.
Quindi mi chiedo se è se davvero questo quello che cercate…
Mi chiedo se sono storie da capire o da vivere sulla propria pelle rendendole ustioni eterne…
GIAN: i testi li ho scritti quando avevo 20 anni! Abbiamo ritoccato ben poco e solo per questioni di metrica e non di concetto. All’epoca avevo mille domande per la testa, pochissime risposte e ancor meno certezze. Scrivere era per me sviscerare e riflettere sulla mia condizione più intima, ripulirla da filtri e condizionamenti e metterla a nudo così da affrontarla meglio e senza scuse. In questo album le storie sono più da interpretare che da capire, sono più evocative di immagini e di esperienze più che di concetti. Il prossimo non sarà così!
Se il vostro primo disco è così, sinceramente non vedo l’ora di vivere il secondo…
Nelle vostre canzoni sento i primi Litfiba e gran parte cantautorato Italiano ma sento anche il rock d’oltre confine degli anni ottanta…
Sento una voce profonda e profondamente dark ma con linee vocali prettamente riconducibili alla musica leggera di casa nostra…
Da dove arriva il vostro sound?
Morla però vorrei saperlo da te che sei la voce di questa band.
MORLA: dunque, questo primo disco nasce a metà degli anni novanta…
All’epoca ascoltavamo soprattutto Rats e Timoria per quanto attiene alla musica italiana, mentre nel decennio precedente spaziavo da Smiths a Cure, da Clash a Cult, Depeche Mode, Simple Minds, ma anche Litfiba, Motley, Poison e Beastie Boys…
Credo che a parte “Due Novembre”, a livello subliminale io abbia risentito di questa variegata contaminazione, motivo per cui non c’è un genere ben specifico a cui si faccia riferimento…
Credo che il suond degli ETA derivi dalla verità con la quale viviamo la band e la musica che componiamo, mettendo insieme tutte le emozioni che gli ascolti dell’epoca ci hanno lasciato negli anni.
Direi che si sente la sincerità con cui vivete la musica e il concetto di band.
Siccome nella risposta precedente hai fatto riferimento ad artisti, passami il termine “del passato”, mi sento di chiederti cosa pensi della musica attuale…
MORLA: quanto alla musica odierna, posso dirti che due anni fa all’interno del mio disco da solista c’è una canzone che chiarisce cosa ne penso: decadimento da forma d’arte a rumore…
Un ambito che una volta era appannaggio solo di chi sapeva suonare e cantare e di chi aveva qualcosa da dire, mentre ora grazie ad autotune e similari ognuno può.
Illudersi di fare musica… Nutro parecchio disprezzo per la trap, che col rap anni ottanta non c’entra niente, e per i talent show…
Sono cresciuto in un’epoca di garage band, le cose facili ed edulcorate non mi piacciono…
Tieni conto che il mio pensiero è quello di un quasi cinquantaduenne e quindi va contestualizzato il periodo storico che ho vissuto e in cui sto vivendo, quindi sicuramente è molto soggettivo come punto di vista.
Ogni pensiero nasce da un proprio vissuto e si costruisce con il tempo…
Ma vai avanti perché anche se è strettamente personale è molto interessante.
MORLA: guarda, io sono cresciuto ascoltando musica tutti i giorni, negli anni settanta, negli anni ottanta, walkman, radio, giradischi, sempre musica come colonna sonora della mia vita.
La notte prima dell’esame di maturità, mi ricordo ancora, ero in mansarda ad ascoltare Ziganata dei Litfiba e Close to me dei Cure. Ora…
Al giorno d’oggi sento tanta musica usa e getta e probabilmente c’era anche all’epoca ma ce n’era anche tanta di qualità che copriva la magagna. Ora vedo che preponderante è la parte pattume, viene creato un prodotto su misura e viene lanciato con una scadenza ben predeterminata.
Ci si fa poco con la qualità al giorno d’oggi, perché vedi bene che adesso chiunque può permettersi di suonare, cantare, andare a Sanremo senza saper cantare o suonare uno strumento.
Io credo che ad un degrado simile non ci si sia mai arrivati. Mi ricordo che quando ero giovane guardavo Sanremo e magari c’erano delle meteore, in un edizione addirittura cantavano in playback ma comunque erano persone che sapevano quello che stavano facendo.
I talent show probabilmente non sono il problema, probabilmente il problema è più radicato nella società. Secondo me in questa società ci sono tanti cattivi maestri e non possono fare altro che tirare su cattivi allievi e questo vale in tutti i campi, non ultimo quello musicale.
Vedo artisti promettenti, magari già affermati che gioco forza o per necessità, per riempirsi la pancia o per soddisfare il proprio ego si piegano a quelli che sono i dictat del momento.
Quindi i Talent Show sono solamente la punta dell’Iceberg?
MORLA: esattamente, il talent show è solo la punta dell’iceberg, se tanta gente arriva a fare un talent show vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato prima.
Negli anni ottanta c’erano tanti giovani che suonavano, forse alcuni male ma suonavano e non avevano bisogno di tanto si trovavano per lo più in garage troppo stretti e in case di campagna che cadevano a pezzi.
C’erano tanti locali in cui si poteva suonare dal vivo, in cui fare esperienza, in cui conoscere gente… Mi ricordo che c’era tanta carne al fuoco, tanto fervore…
Oggi vedo gente che dal chiuso di casa sua si fa la sua canzone e la manda fuori, quindi capisci bene che è tutto più freddo, più asettico…
Quindi ripeto da parte mia c’è un preconcetto perché comunque io vengo da un mondo sicuramente completamente diverso da questo e sicuramente in questo non mi riconosco.
Rimangono pochi e irriducibili che mandano avanti un progetto underground.
Purtroppo quello che il mainstream ci fa sentire è tutto questo pattume che non ha ne passato ne futuro, non ha alcuna valenza.
La musica con la M maiuscala se non è morta è in coma.
A questo punto mi interessa sapere anche cosa pensano gli altri componenti della band su questo argomento…
Voi cosa pensate della musica di oggi e del modo di fare musica oggi?
GIAN: a me personalmente non mi piace quando la musica è vista esclusivamente come mezzo economico; non mi piace quando l’immagine dell’artista è solo apparenza ed è predominante rispetto alle sue vere doti; non mi piace quando è banale.
Ma quindi voi vedete ancora una speranza nella musica?
LODI: fino a che ci saranno persone che avranno voglia di buttare fuori quello che hanno dentro e persone che avranno il bisogno di ascoltare per cercare qualcuno di simile a loro ci sarà speranza per la musica.
Sentendo le vostre risposte che poi non sono così lontane dalle mie idee mi sorgono dei dubbi… Siamo noi vittime del passato a non capire la lingua con cui parlano le nuove generazioni e forse non vogliamo neanche capirla?
ALE: per me non c’è nulla da capire, nel senso che tutta la musica è di tutti. Ognuno sceglie cosa è bella musica per se stesso, personalmente io sono cresciuto con ascolti ben diversi dalla musica attuale ed è normale che quello che gira oggi sia meno accessibile alle mie orecchie.
Si, io sono un po’ più spietato. Credo che questo progresso musicale stia distruggendo oltre che la musica come forma d’arte anche la figura del “MITO”.
Nascono ovunque e in tutte le espressioni artistiche nuovi Steinbek e nuovi Twain, nuovi Jim Morrison e nuovi Van Gogh…
Ma quello che per me è davvero devastante non è sapere che ci possano essere altre personalità come le loro, è devastante sapere che altri vengano messi al loro posto dal pensiero collettivo senza aver vissuto le loro stesse esperienze, le quali li hanno portati ad essere immortali nel tempo.
Quindi mi chiedo se questa nuova generazione ha davvero bisogno di un “MITO”.
GIAN: tutte le generazioni hanno bisogno del Mito. Il Mito è logos, è parola, è un’entità reale della vita collettiva ed è attivo, progredisce e si sviluppa nel tempo ed è la fonte più ricca da cui poter attingere informazioni, non solo storiche ma anche morali, comportamentali, etiche, religiose e sacre.
Prendiamo il mito di Jim Morrison. Egli ha tradotto le sue esperienze (a sua volta condizionate da altri miti) in pensiero, in parola ed in azione e questo – essendo a sua volta divenuto mito – rimangono nello spazio della coscienza collettiva (volenti o nolenti) per cui ai posteri non serve rifare l’identica esperienza di Jim perché è già stato tutto “tradotto e codificato” da Jim stesso ed è alla portata di tutti coloro che hanno orecchie per intendere e occhi per vedere, per usare il linguaggio di un altro mito…
I Grandi Miti, però, nascono solo in determinate epoche, proprio quando la collettività necessita di un cambiamento vigoroso verso una nuova evoluzione. Non è detto che tali personaggi portino ad un miglioramento, ma sicuramente ad un mutamento che ogni singolo individuo dovrà vagliare e fronteggiare, capire ed interiorizzare per decidere personalmente come e se accettarlo.
Lo sapevo che dovevo farvi queste domande perché è importante che ci sia un ideale dietro ogni tipo di espressione artistica. Quindi io vi ringrazio.
Adesso torniamo un attimo sul disco, com’è stata la fase di registrazione?
ALE: abbiamo registrato all’Elfo studio di Tavernago in provincia di Piacenza. Praticamente tutto in presa diretta con in aggiunta qualche sovra incisione della mia chitarra e di alcune voci.
Tutto impatto e cuore, affidandoci in tutto e per tutto ad Alberto Callegari il fonico che ci ha seguiti durante tutto il nostro percorso.
Morla e Gian sono le radici di questo progetto, scrivono i testi e la musica mentre basso, chitarra e batteria sono una formazione consolidata ormai nel tempo. In che modo siete entrati in questo progetto?
LODI: come dicevamo prima, Gian mi ha contattato essendo amici da tempo e mi ha chiesto se io ero interessato a collaborare con lui e il Morla alle registrazioni delle loro canzoni. Loro avevano bisogno di una band così ho chiesto ad Ale ed Asti, ovvero chitarra e basso degli Encierro che è la band con cui suono da tutta la vita, se anche loro fossero interessati…
Loro da subito si sono dimostrati felici di buttarsi in questo progetto, anche perché confrontarci con arrangiamento e composizione per noi è un mondo nuovo e quindi profondamente stimolante.
Creare qualcosa insieme a loro che diventa in parte anche tuo, mettendoci quello che sei, è un emozione bellissima. Dovrebbe essere il fine ultimo di chi suona.
Poi l’entusiasmo che abbiamo respirato la prima volta che ci siamo trovati in sala prove è stato la chiave di quello che si è creato.
ALE: si esatto, da quel momento ci siamo uniti a loro cercando con la nostra esperienza di arrangiare le loro canzoni per valorizzarle al meglio.
Vedere qualcosa di nostro prendere forma è un emozione incredibile.
Capisco molto bene le emozioni che mi state descrivendo e vedere i vostri occhi mentre queste parole volano libere in questa stanza è bellissimo. Sguardi fermi nel tempo impressi nella mia memoria.
Vi faccio le ultime due domande e poi vi lascio andare, una è una mia curiosità mentre l’altra è una domanda ormai di rito.
Siete usciti così di soppiatto, senza etichetta e in modo totalmente indipendente… Scelta coraggiosa… Perché?
GIAN: perché non ci siamo ancori posti il problema e quindi è un problema in meno...
A posto così! Questo è fare musica Indipendente!
Adesso l’ultima domanda, di cosa hanno paura gli ETA? La paura rende ogni gesto reale, spogliatevi…
GIAN: gli ETA come gruppo, al momento non sono spaventati perché non hanno nulla da perdere. Individualmente e attualmente, il mio timore è quello di ritrovarmi in una società priva di libertà di pensiero e di opinione, o che tali facoltà siano talmente manipolate da rendere tutti proni al “per sentito dire”. Se tutti la pensano uguale, non c’è più alcun stimolo di crescita personale.
MORLA: per gli ETA come band ha risposto pienamente Gian. Io ho paura di perdere le persone care… Di sopravvivere ad esse…
ALE: io personalmente ho paura di non essere in grado di apprezzare ciò che ora sembra scontato e domani potrebbe non esserlo.
LODI: io di perdere un giorno interesse per le mie passioni… Spero non succeda mai.
Asti?
ASTI: del tempo…
Amerigo Idra
Credits
Andrea Morlacchini: Voce & Musica
Alessandro Razza: Chitarra
Alessandro Asti: Basso
Massimo Lodigiani: Batteria
Gian Luca Scolari: Testi & Cori
REC, Mix & Mastering: Alberto Callegari – ELFO STUDIO