Secondo appuntamento con Che pacco il Jazz in via San Siro
Sarà il Past1 Trio a riportare il jazz in casa Dubliners giovedì sera a partire dalle 21 e come per il primo appuntamento, siamo andati a conoscere meglio gli artisti che troveremo sul palco, per il nuovo format del pub più irlandese di Piacenza. Lo standard è consolidato: 4 domane uguali per tutti per tutti gli artisti per entrare nel pianeta jazz e poi una escursione più “privata”, stavolta nel futuro del Pst1 Trio.
“Che pacco il Jazz” è il nome ironico della rassegna, secondo voi il jazz è un genere d’elite un po’ radical chic oppure ha delle potenzialità per diventare apprezzato da fasce di pubblico sempre più ampio?
Nell’immaginario comune forse ancora è visto come un genere d’elite, e a volte magari lo è davvero! Ma se inserito nei contesti giusti è da ritenere un genere che può arrivare ad essere apprezzato da un pubblico più ampio, in particolar modo se si stacca dalla sua immagine più conservatrice e abbraccia influenze più inclini ai gusti delle nuove generazioni. Negli ultimi anni ciò è stato fatto e spesso con notevoli risultati, senza suonare “stucchevole”. Oltre a questo, i media dovrebbero agire molto di più per fare leva sulla curiosità del pubblico, in modo tale che quest’ultimo non si limiti ad ascoltare solo ciò che già conosce, ma che si apra ad esplorare nuovi linguaggi senza barriere di alcun tipo.
Se è la seconda, quali strategie bisognerebbe adottare per “sdoganarlo” definitivamente?
Come dicevamo poc’anzi, la strategia sarebbe sfruttare in maniera intelligente i media facendo leva sulla loro grande capacità divulgativa. Il tutto unito a programmazioni musicali di locali e festival che cerchino di mettere in luce soprattutto la musica originale, al fine di dare voce ai gruppi emergenti e quindi mostrare le sfaccettature di un genere musicale così vasto.
Free jazz, Swing, Fusion, Gipsy… sono tanti i tipi di jazz che sono stati sperimentati. Secondo voi in quale direzione sta andando questo genere musicale?
I tanti concerti visti negli ultimi anni e i seminari frequentati farebbero pensare ad un direzione “progressive”, con frequente utilizzo di tempi dispari e strutture non “regolari”. Un’altra tecnica molto utilizzata in fase compositiva è il contrappunto. Ma, come detto in precedenza, è un genere in continua evoluzione, quindi prevederne la direzione è molto difficile.
Jazz dal vivo: ci sono tanti festival importanti in Italia e uno anche a Piacenza: il Jazz dovrebbe essere appannaggio esclusivo dei festival oppure tornare ad essere, come all’origine è stato, la musica dei bistrot, dei pub, di luoghi più popolari? Perché?
Sarebbe molto bello se non perdesse la sua dimensione più popolare, ciò però non sempre è possibile per vari motivi (nei locali l’acustica magari non è sempre il massimo, oppure il pubblico è rumoroso, ecc…). Va detto che i festival organizzati in maniera intelligente sia dal punto di vista logistico che artistico sono sempre ben accetti dai musicisti. In Italia ce ne sono tanti. Il tutto sta, appunto, nel non voler rendere il jazz un genere d’elite.
Sappiamo che a breve uscirete con una produzione, che cosa ci potete svelare? Qualcosa che ascolteremo già al Dubliners?
Gran parte della scaletta del concerto al Dubliners sarà appunto il nostro disco, al cui interno troviamo brani di Federico Rubin e una nostra versione di “Lawns” di Carla Bley (con la collaborazione di Anais del Sordo che è una dei nostri 3 ospiti dell’incisione). Sicuramente però eseguiremo almeno 2 o 3 pezzi nuovi, sempre di Federico, che sono stati scritti successivamente al disco! Non vediamo l’ora!